STORIA DI SUSY E DEL SUO ANGELO BAMBINO

http://vinylzart.com/images/ClassicCanvas-AndrewWyeth-Christina%5C'sWorld(1948).jpg
Susy, dunque, ha abortito. Diciamo meglio e con più onestà: l’hanno fatta abortire. A quell’età, con un problema così grosso che ti arriva addosso, la tua volontà conta molto poco.

Ho saputo ieri che Susy, una ragazza di 16-17 anni che ho avuto modo di conoscere, ha abortito. Il suo nome non è ovviamente Susy. La chiamerò così perché questo è un nome che per me vuol dire molto. Quando ero ancora un liceale, dedicai una canzone ad una immaginaria Susy. Molti anni dopo, “La piccola Susy” sarebbe diventata un racconto. Nel quale parlavo proprio di una sedicenne alle prese con l’aborto. Ora per me Susy è diventata una persona reale, in carne ed ossa.

Susy, dunque, ha abortito. Diciamo meglio e con più onestà: l’hanno fatta abortire. A quell’età, con un problema così grosso che ti arriva addosso, la tua volontà conta molto poco. Tutto il mondo ti frana sulla testa. Il problema resta in famiglia, i panni sporchi si lavano in casa; non c’è nessun amico autorevole che ti possa aiutare. O almeno tu, nella tua vergogna e nella tua disperazione, la pensi così. E lo pensano anche i tuoi genitori e i parenti. La soluzione che ti si prospetta è una sola. Altro che libertà.

E così in casa di Susy è entrata la morte. Una morte ben più angosciosa e orribile di quella che entra in casa alla morte di un parente. Questa è una morte diversa, di cui ci si sente responsabili, malgrado tutte le giustificazioni che uno cerca di trovare. In casa di Susy i rapporti, d’ora in poi, non saranno più gli stessi. Il senso di oppressione, di controllo, di mancanza di libertà che soffoca gli adolescenti e li mette contro i genitori è un nulla rispetto al risentimento che nasce dalla complicità in un’azione sporca, terribile. La morte è entrata nel cuore di Susy.

Ma Susy era morta già prima. L’ho conosciuta e lo so. Nei suoi occhi solo raramente ho visto accendersi la gioia e l’entusiasmo. Lei stessa mi confessava che la sua vita è noiosa, spenta, grigia. Triste, insomma. Sigarette, bar e ragazzi. Tutto qui. Come si fa a vivere così? Eppure per la stragrande maggioranza dei giovani sembra questa l’unica vita possibile. Problemi a scuola (poca voglia di studiare), qualche brivido con la “roba”, inappetenza (sarà anoressia?)… e poi gli occhi. Lo vedi subito quando una persona è “fuori di sé”, letteralmente.

Susy vive, ma “fuori di sé”.Non sa chi è, non sa cosa vuole. Si trascina nel mondo.

Peccato, perché Susy sarebbe una ragazza speciale, eccezionale. Io lo so, perché la conosco.

E ne conosco moltissime di Susy. Le vedo tutti i giorni. Sigaretta, atteggiamento sguaiato e aggressivo, calzoni che calano, mutandine che fuoriescono. Ce ne sono altre che vestono più castigate, ma sono ugualmente fuori di sé, col pensiero continuamente occupato dalle cretinate che leggono su Cioè (con le sue istigazioni a perdere il prima possibile la verginità), sulle rivistine coi loro idoli musicali, o che assorbono e deglutiscono dalla televisione. Le ho viste abbrancare il primo ragazzotto che capita a tiro. Con una fretta da prostitute. Con la differenza che queste sanno quello che fanno, mentre loro s’illudono che sia “amore”.

Giocano, scherzano col fuoco e non se ne rendono conto.

Io, mesi fa, sono stato vicino a Susy. Ho cercato di farle intravedere un mondo diverso. Per un po’ mi ha anche seguito. Ma quale fascino volete che abbia un quarantenne che ti richiama ad un impegno con la vita, con te stesso, con gli altri? Quale fascino duraturo, intendo? La vita di Susy è immersa in un letame disumano. A scuola, in casa, con gli amici è un continuo lavaggio del cervello: sesso, droga, successo. Forse non sono stato in grado di offrirle una compagnia stabile. O ci sarebbe forse voluto un amico della sua stessa età. Ma questi amici, questi ragazzi disposti a mettersi insieme in una specie di salvation army non si trovano. Quelli “bravi” (i giovani ricchi di oggi) sono tutti impegnati a restare bravi. Pensano solo a sé. Non puoi fare affidamento su di loro.

E così Susy ha fatto quel che ha fatto. Qualcuno in questi casi giustifica l’aborto con la tipica domanda: “Che vita farebbe quella ragazzina? Che vita farebbe suo figlio?”. Nessuno che chieda mai che vita sarà dopo l’aborto. Nessuno che pensi a Susy mentre si guarda allo specchio, mentre si guarda il ventre, mentre incontra lo sguardo di sua madre e di suo padre, mentre guarda il ragazzo che l’ha messa incinta. Chissà come saranno i suoi occhi. Chissà come saranno i suoi pensieri.

Io l’ho conosciuta e sono convinto che, paradossalmente, il bimbo che le hanno fatto abortire l’avrebbe aiutata a ritrovare se stessa, l’avrebbe liberata, l’avrebbe salvata.

Oggi posso solo pregare per lei. Gianluca Zappa – Cultura Cattolica.it

STORIA DI SUSY E DEL SUO ANGELO BAMBINOultima modifica: 2008-04-25T23:51:43+02:00da ritina5
Reposta per primo quest’articolo