DON CAMILLO, PRETE

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Alessandro Gnocchi, giornalista e grande esperto dell’opera di Giovannino Guareschi terrà una conferenza sul celebre personaggio venerdì 30 alle 21 nella Sala Meridiana a Castel Guelfo. E intanto spiega il perché del successo intramontabile di questo sacerdote
Tratto da Avvenire – Bologna 7 di domenica 25 maggio 2008

Alessandro Gnocchi è giornalista da trincea. Usa il computer e le parole per dire «pane al pane» ed è appassionato con ragione e ironia alle radici di questo Paese. È forse per questo che è divenuto uno dei più appassionati e documentati conoscitori e divulgatori di Giovannino Guareschi, l’intramontabile creatore di don Camillo. Proprio Gnocchi – e don Camillo – saranno protagonisti il prossimo venerdì 30 di un incontro organizzato dalla parrocchia di Castel Guelfo, non lontano da Bologna. L’incontro è alle ore 21 presso la sala Meridiana, nella piazza della cittadina. Gnocchi parlerà di «Don Camillo, innanzitutto prete».

Torna di moda don Camillo – anche se non ha in realtà mai smesso di piacere -, ci sono giovani preti che lo «usano» e ne parlano a Messa, c’è chi cita suoi brani durante esercizi spirituali. Come te lo spieghi? Fortuna congiunturale per le ricorrenze guareschiane o c’è un motivo più profondo?
La ricorrenza del centenario della nascita ha forse favorito l’interesse attorno a don Camillo e al suo creatore. Rimane il fatto che di Giovannino Guareschi si è sempre parlato. Non l’hanno fatto gli intellettuali, non l’hanno fatto i salotti, non l’hanno fatto i politici, ma, in compenso, lo hanno fatto i lettori comuni. Esiste da sempre, più o meno sommerso, un popolo guareschiano che si riconosce nei valori che Guareschi celebra nelle sue storie, nei suoi disegni, nelle sue pagine giornalistiche. È un popolo che si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà, nei valori cristiani, anche quando non ne è pienamente consapevole. Ecco perché l’interesse per Guareschi non è mai venuto meno, anche quando se ne parlava poco. Ed è confortante che siano i sacerdoti più giovani a trovarsi in sintonia con quel vecchio confratello di don Camillo, che qualcuno aveva tentato di mettere in soffitta.

Un tasto sensibile: don Camillo, ovvero Guareschi, è considerato preconciliare. Ma oggi, a molti anni di distanza, qual è il giudizio più onesto?
Proviamo un esperimento. Prendiamo l’accusa di «preconciliare» e vediamo di ribaltarla. Essendo Guareschi morto nel 1968, e avendo dunque fatto solo tre anni di postconcilio, don Camillo è tecnicamente un prete preconciliare: dovrebbe vergognarsene? Guareschi, con il suo don Camillo vuole dire proprio questo. Non solo aveva messo in guardia dai guai che avrebbero incontrato tutti quei cattolici che intendevano rompere con il passato convinti che la storia della Chiesa nascesse in quegli anni con loro e non, invece, venti secoli prima con Gesù Cristo. Guareschi, e come lui don Camillo, è un uomo di Tradizione. E sa che la Tradizione non è una semplice passione per il passato, ma attaccamento a ciò che non muore. Non si tratta tanto di equilibrare la definizione di preconciliare per don Camillo, perché quella è solo una constatazione. Si tratta solo di capire che l’anima del sacerdozio di questo prete è perenne ed è proprio questo ciò che affascina e diventa strumento dell’incontro degli uomini con Dio. Don Camillo non avrebbe mai voluto essere riequilibrato: ma è proprio questo il motivo per cui trova tanto consenso e continua a parlare di Gesù anche agli uomini di oggi.

Non trovi che la fortuna rinnovata di don Camillo e Peppone, ovvero di Guareschi, abbia un che di paradossale? Il contesto è in teoria cambiatissimo, non ci sono più – dicono – comunisti mangiapreti & co?
La ragione di questo fenomeno sta nel cuore delle storie di Peppone e di don Camillo. Anche se Guareschi racconta vicende legate alla politica, il suo vero interesse è un altro: è dottrinale. Guareschi ha, innanzitutto, a cuore la Verità e, quindi la dottrina, che è la forma attraverso cui gli uomini la apprendono. Non a caso il vero protagonista delle sue storie non è don Camillo, non è Peppone, ma il Cristo Crocifisso dell’altare maggiore. Tutto si gioca sull’assenso a quanto Cristo insegna. Ecco perché quelle storie funzionano ancora oggi e funzioneranno sempre e in ogni parte del mondo. L’uomo è sempre lo stesso ovunque e in qualsiasi istante e ha assoluto bisogno di trovarsi davanti al suo Creatore. Questo è ciò che avviene nelle storie di Guareschi. E questo è il motivo del loro successo.

Dalle molte cose che scrivi su GG, si avverte che hai ancora molti sassolini da toglierti dalle scarpe: che torti dobbiamo ancora sanare nei suoi confronti?
Prima di tutto bisogna che gli sia riconosciuto il suo valore di uomo e di credente. I giudizi su Guareschi sono ancora troppo legati alle sue prese di posizione intellettuali e politiche. Poi bisogna che ci si decida a riconoscere che è uno dei più grandi narratori del Novecento. Se non fosse così non saremmo qui a parlarne a quarant’anni dalla sua morte. Infine, bisogna riconoscere che aveva visto giusto laddove tanti intellettuali, anche cattolici, spesso definiti come «profetici» avevano sbagliato tutte le loro previsioni. Infine, bisogna che il mondo cattolico riconosca a quest’uomo, lasciato solo da tutti negli ultimi anni della sua vita, lo status di «intellettuale cattolico». Forse non piacerebbe neppure a lui, ma bisogna che chi lo ha denigrato per tanti anni, paghi pegno. (G.V.) Grazie al Il Mascellaro

DON CAMILLO, PRETEultima modifica: 2008-05-30T00:22:20+02:00da ritina5
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