LA STORIA, COMPITO NOSTRO

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 MARINA CORRADI
 
In questo agosto pigro, in cui i titoli dei giornali sulla Georgia vengono spalancati fra gli ombrelloni e in fretta si volta pagina, sperando che non ci riguardino davvero; in questo agosto normale, in cui come tragicamente rassegnati contiamo i ragazzi che si schiantano la notte sulle strade, domenica a Rimini si è sentito parlare di storia. Con un accento cui non siamo più abituati. La storia, ha detto alla gente del Meeting il cardinale Bagnasco, è «compito di ogni uomo». Questo compito di ognuno è il «primo affluente della storia universale». La storia, compito di ciascuno? Ci immaginiamo se questa frase venisse detta in una classe di quattordicenni, che perplessità negli sguardi, se non un attonito sbalordimento. La storia, compito nostro? La storia, risponderebbero, la fanno i leader, i rivoluzionari, i famosi; ma noi, cosa c’entriamo con la storia? Forse solo negli occhi dei più ambiziosi l’ansia di entrare nella cerchia dei pochi, delle facce note, di quelli che, soli, lasciano di sé una traccia; sottratti al triste anonimato dei “comuni”, di tutti. E invece la tradizione cristiana a Rimini ripropone la sua audacia: fare la storia, è compito di ognuno.
  Veniamo al mondo per costruire, testimoniare, educare, continuare nei figli. Per un lavoro che, anche quando è oscuro e invisibile agli occhi, forma la storia. Nessuno, nel cristianesimo, è un nulla irrilevante. La storia, compito nostro? Siamo andati così lontani da questa
forma mentis,
  che a sentirla ridire pare quasi rivoluzionaria. Chi più, se non forse gli ultimi della generazione della guerra, pensa al vivere come a un compito dato, cui occorre far fronte?
  Invece ci percorre l’imperativo morale di un lieto nichilismo: si vive, ci dicono, per “realizzarci”, e dunque cavarcela con quanta più soddisfazione possibile; in un progetto rigorosamente individualistico, e accompagnati al massimo, finché sia gradevole, da temporanei compagni di viaggio. A Ferragosto la copertina dell’Espresso recava una domanda che dice molto della corrente prospettiva sulla vita. «Ma i figli danno la felicità?», si chiedeva sospettoso il titolista.
  Ed è già una domanda che dice di uno sguardo capovolto, oggi, rispetto a secoli di storia di Occidente. Di un’Europa cristiana in cui non si facevano figli per essere felici, ma perché semplicemente era ovvio, che si viveva per continuare la storia. Per strappare alle paludi nuovi campi, e dunque mangiare, e costruire strade e ponti e città – e in mezzo alle città, chiese.
  Addirittura si ponevano le fondamenta di cattedrali, che solo duecento anni dopo gli eredi avrebbero visto finite. Nessuno si chiedeva se scaricare marmi, o issarli vertiginosamente sulle guglie, dava la felicità. Si viveva così.
Naturaliter
  costruttori di storia. «Il senso di appartenenza a un popolo dipende dal riconoscersi in un quadro di valori che riguardano la vita e la morte, il loro significato, non tanto i fini ma il fine», ha detto Bagnasco, alludendo a quel “secondo livello” della storia che è la storia dei popoli, in cui come in un fiume confluisce il fare di ciascuno. Un popolo fa storia dunque finché si riconosce in quell’alveo comune, e scorre in una condivisa direzione. Ma non è proprio questo patto originario che è incrinato, nell’onda forte dell’individualismo di massa, dove si prende ciò che si può e si vive, in fondo, per sé soli? Dimentichi.
  Annoiati, perché tutto ciò che si ha alla fine stanca.
  «Ma i figli danno la felicità?», si chiedono i giornali colti e borghesi, e concludono che no, si vive molto meglio da single, dunque lasciate stare. Ma ai cristiani un cristiano ricorda il compito, quello che colma la vita. Costruire, educare, testimoniare.
  Stampare nella terra e nella carne l’impronta di una tenace speranza.

 Ai cristiani un cristiano ricorda il compito, quello che colma la vita Costruire, educare

Da Avvenire


LA STORIA, COMPITO NOSTROultima modifica: 2008-08-28T00:44:29+02:00da ritina5
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16 pensieri su “LA STORIA, COMPITO NOSTRO

  1. Qualche professorssa ci diceva le stesse cose senza essere cristiana… a dire il vero è dal rinascimento che si usa dire la storia siamo noi…. la rai ci ha pure fatto un programma tv… che incredibile novità ha detto Bagnasco vero? 😀

  2. Io non le faccio passare come novità bagnasco si…

    Guido pensaci tu ad elevare la discussione… il tuo intervento non mi sembrava di alcuna utilità.

  3. Mi riferivo più che altro alla risposta di ritina. Come al solito invece di discutere sui contenuti del post ci si perde in rivoli secondari e in polemichette da quattro soldi: se ci si becca sul diritto di dire cose trite o ritrite, sai che noia.

    Ad ogni modo i concetti espressi nell’articolo di Avvenire sono interessanti perché toccano un punto importantissimo: la concezione di ciascuno di noi nel flusso della storia.
    Io non condivido il tono nostalgico con cui, come sempre in questi casi, ci si riferisce a un passato indefinito sempre, quasi per definizione, migliore di un presente corrotto e alla deriva. Ma è vero che è importante interrogarsi sul senso della storia, anche se è contraddittorio esaltare, come fa l’articolo, un tempo in cui si viveva la storia “naturaliter”, senza porsi domande (ed è un po’ semplicistico descrivere la costruzione delle cattedrali come un’opera collettiva spontanea e volontaria…).

    Bagnasco dice delle banalità, forse, ma sicuramente vuole esprimere concetti un po’ diversi dal semplice la “storia siamo noi”. Una curiosità off topic: sulla base di cosa affermi che è “dal Rinascimento che si usa dire che la storia siamo noi”?

  4. Non ha molta importanza a chi ti riferivi.

    Perchè per convenzione si assegna all’umanesimo l’aver posto l’uomo al centro del mondo,un ruolo da protagonista, e di conseguenza al centro della storia… il microcosmo macrocosmo, ecc.

    bagnasco dice sempre le stesse cose ripetute con parole diverse… non è affatto interessante.

  5. Ah, quindi è dal Rinascimento (o dall’Umanesimo? Sono la stessa cosa?) che si usa dire la “storia siamo noi”…
    E poi certo, il macrocosmo, il microcosmo, ecc. Ammazza, che concetti profondi! Ma quali sono le tue fonti? Il sussidiario di quinta elementare?

  6. é nel rinascimeno che si sviluppa l’umanesimo….
    Non so se lo si usava dire, ma il concetto era lo stesso.
    No non sono i sussidairi della quinta, umm mi ricordo il titolo di un’ antologia dove potresti informarti meglio però… autori, cioffi luppi vigorelli zanate (mi pare fossero questi i nomi vado a memoria), il titolo “il testo filosofico”.
    La profondità la lascio alle tuè profonde emm.. cavolate 😀

  7. Daniele e Shino, ma che fate, il ventriloquo col pupazzetto? Vorreste per caso prendermi per il…? Daniè, mi costringerai a bloccare i tuoi commenti; non ti offendere ma quando si scherza a me sta bene, se si esagera devo provvedere. Vedi, non ho messo i commenti moderati perchè amo la libertà mia e degli altri, ti ho lasciato dire tutto e il contrario di tutto; anche a casa mia è così, gente di vari pensieri e modi di vivere; accolgo amichevolmente tutti, e anche se ci scazziamo mi va bene; ma essere presa in giro no. Fatti un blog tutto per te e pontifica quanto e come vuoi, e non rompere più i coglioni agli altri!

  8. Guarda che shino non sono io -.- datti una calmata e non e non fare asserzioni che non puoi dimostrare. Shino lo conosco e gli ho detto io di scrivere così, scherzando, poi lui lo ha scritto davvero e che ci posso fare io?
    Se tu dici non rompere i coglioni, io posso mandarti a fanculo? è equo no? poi amici come prima… 😀
    Menomale poi dici che i gentleman sul net sono rari.. a cominciare da te suppongo 😀

  9. Io non sono un gentleman perchè sono donna, ma all’occorrenza so usare un linguaggio da bettola; che ti credi, ho imparato frequentando gente come il tuo amico Shino, che al pari di te porta il numero 79 di scarpe, e si sa, come il contadino, scarpe grosse e cervello fino! Ahahahahah!

  10. Mah un cervello fino nn userebe parole a caso come spauracchio solo per far finta di credere di essere superiore ad un idiota

    o almeno la penso così

    cmq ciao ^^/

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