IL MARKETING DEL BENE

Milano – La parabola è perfetta e la palla sibila, comandata dalle leggi della fisica a un punto preciso dell’area di rigore. Il cronometro segna il 90º, l’ultimo minuto possibile per decidere il destino della partita. È il minuto della vita per Stefano Borgonovo: lui le leggi della fisica non le conosce, ma sa dove cadrà quel pallone, arriva prima di tutti, salta più in alto di tutti e incorna il cross di Roby Baggio: Fiorentina due, Juve uno. Chissà cosa pensava il centravanti della Fiorentina segnando quel gol che l’ha scolpito nei cuori dei tifosi. Di certo non immaginava che vent’anni dopo la fama conquistata sul campo gli sarebbe servita come grimaldello per far parlare della malattia che lo sta uccidendo lentamente, la Sclerosi laterale amiotrofica.

È una brutta malattia la Sla: arriva di soppiatto, tanto che i sintomi spesso vengono trascurati, blocca progressivamente e inesorabilmente i muscoli, lasciando la mente lucida. Dal 5 settembre scorso, quando l’ex campione ha deciso di raccontare pubblicamente la sua storia, attorno a Borgonovo si è alzata una marea di solidarietà che sfocerà tra due giorni in una grande iniziativa di beneficenza, una partita di calcio con tanti grandi del pallone, a partire dal redivivo Baggio. Del resto, la Sla è anche nota come «morbo dei calciatori», perché in molti si sono ammalati, e qualcuno è anche morto. Ma non colpisce solo i calciatori. Tra le vittime, ad esempio, c’è Stefano Farina, un poliziotto milanese del quale si parlò sul settimanale Oggi un anno fa. Era il figlio Mauro, allora 18enne, a raccontare la storia del padre, lanciando un appello al mondo del calcio perché si mobilitasse: «Io so cosa succederà a papà – raccontò -. So cos’è un respiratore, so la sua fine, so tutto». Con dignità, quel ragazzo chiedeva ai calciatori di darsi da fare per il padre «che è stato fuori dagli stadi a prendersi gli sputi e le monete per proteggere i campioni». Ma quest’assist, nonostante l’impegno dell’Aisla, l’associazione dei malati di Sla, e dell’ex campione Massimo Mauro, i calciatori non l’hanno raccolto, denuncia oggi Mauro Farina.

Sarà perché l’articolo è uscito a luglio, quando le star pallonare sono già a mollo alle Maldive. O forse, più probabilmente, sarà perché suo padre era un povero cristo di poliziotto e gol non ne segnava. L’8 agosto scorso, un mese prima dell’appello di Borgonovo, come ha poi raccontato ancora Oggi, Stefano Farina, bloccato nel suo letto lontano dai riflettori, ha smesso di respirare.
È la dura legge della solidarietà Vip che, mai come oggi, è diventata quella che muove i soldi veri. Una beneficenza a puntate, come un reality dove il pubblico schiaccia un bottone del proprio cellulare per mandare un «sms solidale» o mette in internet le 16 cifre della carta di credito, e «nomina» la buona causa preferita. Peccato che, dall’altra parte ci sia una causa altrettanto buona, ma meno telegenica, che viene eliminata, come in un’Isola dei famosi qualunque.

C’è chi dice che un punto di svolta sia stato il giorno di Santo Stefano del 2004, quando è scattata la campagna di solidarietà per lo tsunami nel Sudest asiatico: solo attraverso gli sms, in Italia furono raccolti 47 milioni. Si capì allora che la penisola poteva essere una cornucopia della beneficenza su scala industriale e molte grandi Ong straniere hanno iniziato ad aprire sedi in Italia. In quattro anni le Organizzazioni non governative a sud delle Alpi sono aumentate del 23%. E la chiave indispensabile per aprire i portafogli degli italiani è il testimonial. «Quando organizzo un evento per un’azienda – spiega Tiziana Rocca, regina delle Pr – li invito sempre ad associare un evento di beneficenza. Fa bene all’immagine». Nel ’95 Rocca convinse un’azienda automobilistica, restia ad associare il proprio nome ai bimbi malati di Aids, a sponsorizzare la ristrutturazione di un padiglione ospedaliero. Da allora tante associazioni si rivolgono a lei sottoponendole casi disperati. Scatta un lavoro di marketing: bisogna scegliere la causa, a quale evento associarla e il testimonial, «senza il quale l’evento non avrebbe alcuna eco», spiega la Pr. Anche per il Vip è parte della promozione della propria immagine. «Così la gente capisce che non è solo uno che pensa agli affari suoi – spiega Rocca -. Le associazioni più importanti possono permettersi di scegliere il testimonial più famoso e vice versa». Col Vip la ricaduta è assicurata. «Quando dico che ho la Sla la gente non capisce – spiega Paolo Marchiori, un esponente dell’Aisla – allora gli dico che ho la malattia di quel calciatore, e allora capiscono. Comunque a noi il caso Borgonovo ha fatto solo bene: il 21 settembre per la prima volta abbiamo lanciato una campagna di raccolta fondi via sms, ne sono arrivati 58.000». E per le altre malattie rare, ignorate da sponsor e istituzioni? Ai malati non resta che sperare, magari colpiranno un attore o un cantante.

Giuseppe Marino – Il Giornale 6.10.2008

IL MARKETING DEL BENEultima modifica: 2008-10-06T10:40:27+02:00da ritina5
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