CAMBIARE LA SCUOLA? LE RAGIONI DEL SI

Da 40 anni è sempre la stessa storia. Lo stesso copione di un film, visto e rivisto, dal quale proprio non riusciamo a liberarci: più scorre sul nostro televisore, questo film, è più le sue immagini ci richiamano alla mente i fasti di un “glorioso” passato che vorremmo a tutti i costi perpetuare all’infinito.
Siamo tutti d’accordo, almeno da un ventennio, che il mondo dell’istruzione, ad ogni livello, ha bisogno di essere cambiato, rinnovato e reso competitivo rispetto ai cambiamenti del nostro tempo. I mali che affliggono l’istruzione italiana sono noti a tutti, come dimostra il “Quaderno bianco sulla scuola” redatto dal governo Prodi e firmato, congiuntamente, dai ministri Padoa-Schioppa e Fioroni, quel che manca è il coraggio di avviare un vero cambiamento che non sia solo guerra di cifre o un mero taglio della spesa. Da questo punto di vista ha ragione il professor Galli Della Loggia nel sostenere che l’Italia è un paese immobile perchè con lo sguardo eternamente rivolto al passato e pauroso del proprio futuro.
Al futuro, però, si può guardare con speranza solo in forza di una certezza vissuta nel presente. Non è un caso, quindi, che buona parte delle proposte di rinnovamento della nostra società provengano dal mondo cattolico: tra tutte si pensi al principio di sussidiarietà. C’è, infatti, una parte consistente della società italiana che alle piazze preferisce un lavoro quotidiano di costruzione del bene comune.
In questa scia si inserisce un volantino redatto dall’AGESC del quale SamizdatOnLine proprone la lettura, sperando che esso susciti, in chi lo legge, spunti di riflessione per un dibattito che non sia solo scontro ideologico :

Era facile prevederlo. E sta accadendo. Alla prima iniziativa che và contro l’immobilismo in cui giace la scuola italiana subito parte l’attacco personale al Ministro.
Era accaduto per Berlinguer, era accaduto anche per la Moratti, sarebbe successo per Fioroni (se il governo di cui faceva parte avesse continuato la legislatura), accade ora per la Gelmini.
Perché è necessario mettere mano al sistema scolastico italiano?
Alcune motivazioni:
• Le statistiche OSCE collocano la scuola italiana agli ultimi postiperrendimento degli studenti.
• Il costo medio allo Stato, di uno studente è quasi il doppio di una retta pagata dalle famiglie che scelgono una scuola paritaria, che notoriamente hanno un livello di sevizi più adeguato alle esigenze delle famiglie e dei ragazzi.
• La scuola statale italiana ha un esercito di dipendenti che supera nel numero i dipendenti del ministero della difesa degli
Stati Uniti (Pentagono).
• La spesa dello Stato per l’istruzione, maggiore rispetto ad altri Paesi UE, viene assorbita per il 95% dal costo del personale: se ne deduce che non rimangono adeguate risorse per l’ammodernamento delle scuole e dell’attività didattica.
• Non è riconosciuto il merito dei molti insegnanti che si dedicano alla loro attività con professionalità e competenza e lo stipendio non è adeguato all’impegno e alla responsabilità.
• Occorre introdurre metodi e criteri di valutazione degli apprendimenti, dei docenti, delle scuole e dell’intero sistema.
• Deve essere realmente incentivata l’autonomia degli istituti scolastici, chiamati ad esprimere un proprio progetto di
scuola in grado di raccogliere consenso dalle famiglie.
• Il reclutamento degli insegnanti deve essere nominativo, in carico ai singoli istituti e funzionale al progetto educativo e formativo degli stessi.
L’autonomia deve essere il presupposto al legame tra scuola, territorio e mondo del lavoro, affinché l’attività didattica non sia avulsa dal contesto in cui si trova la scuola. Vi sono poi altre motivazioni di contorno ma non marginali:
• Occorre che i genitori tornino a poter esprimere la loro responsabilità educativa anche nel momento scolastico.
• La scuola deve tornare ad avere una funzione sussidiaria rispetto alle famiglie.
• Occorre definire un trattamento equipollente tra scuole statali e scuole non statali così come occorre consentire alle famiglie di poter scegliere la scuola tra le varie proposte educative e formative senza vincoli di carattere economico.

La “Riforma” del Ministro Gelmini
Ma è riforma o non è riforma quella della Gelmini?
Se dovessimo guardare solo al decreto la risposta sarebbe no, non si tratta di una riforma ma solo di qualche correttivo. Ma se il decreto è solo l’inizio, se la parola “riforma” è riferita al modificare a scopo di miglioramento uno stato di cose, possiamo sicuramente chiamarla così.
Di fatto il decreto che introduce le modifiche così tanto contestate almeno quanto poco conosciute, dice poche cose, dà delle linee, non dice esattamente il come, rinviando probabilmente le modalità attuative a successivi decreti o circolari interne. Comunque vale la pena di ripercorrerne velocemente gli articoli:
• L’articolo 1 parla di formazione dei docenti delle aree storicogeografica e storico-sociale sul tema “Cittadinanza e Costituzione” con riferimento anche agli statuti regionali.
• L’articolo 2 prevede la reintroduzione del voto in condotta, valutazione che spetta al consiglio di classe, che se inferiore a
sei determina la bocciatura.
• L’articolo 3 prevede la reintroduzione nella scuola primaria e secondaria di primo grado della valutazione periodica espressa
in decimi; nella primaria permane il giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto. Definisce inoltre che per essere promossi gli alunni e studenti devono avere la sufficienza in ciascuna disciplina.
• L’articolo 4 definisce che le classi debbano essere affidate ad un unico insegnante ed avere un orario di 24 ore settimanali.
Viene comunque lasciata la possibilità di una più ampia articolazione del tempo scuola, al fine di venire incontro alle esigenze
delle famiglie che richiedono il tempo prolungato.
• L’articolo 5 definisce che i libri di testo adottati debbano essere scelti tra quelli per cui l’editore si impegna a mantenere invariati per 5 anni, fatta salva la possibilità di avere appendici di aggiornamento da fornire a parte. Anche l’adozione dei libri di testo da parte del collegio docenti avrà cadenza quinquennale, a meno di specifiche e motivate esigenze.
• L’articolo 6 dà valore abilitante alla laurea in scienze della formazione primaria, cioè il conseguimento di questa laurea ha
valore di esame di stato e abilita all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.
• L’articolo 7 regolamenta l’accesso alle scuole di specializzazione mediche, cioè dopo avere conseguito la laurea in
medicina e chirurgia e l’abilitazione all’esercizio dell’attività professionale.
• L’articolo 7 bis destina il 5% degli stanziamenti per le infrastrutture ad opere per la messa in sicurezza delle scuole.

Tanto rumore per nulla?
Ci chiediamo perché di fronte a questo decreto che, se escludiamo la questione del maestro unico non sembra contenere elementi così dirompenti, c’è tanta confusione e tanta contestazione. Da segnalare che quanti manifestano non entrano mai in una analisi nel merito del decreto, dunque dobbiamo pensare che il vero motivo delle contestazioni risieda nel fatto che il decreto rompe l’inerzia che caratterizza la scuola italiana.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo intervento in occasione della cerimonia di apertura dell’anno scolastico ha sostenuto: “Le condizioni del nostro sistema scolastico richiedono scelte coraggiose di rinnovamento : non sono sostenibili posizioni di pura difesa dell’esistente”.
Ernesto Galli Della Loggia, in un editoriale del Corriere del 13 ottobre, bacchetta coloro che ha definito “riformisti del no”, incapaci di porre in essere una proposta costruttiva se si esclude l’affermazione generica che occorre “ben altro” e che servono “più soldi”. Restiamo dunque in attesa che i “riformisti del no” ci dicano cosa intendono per “ben altro” e dove pensano di trovare “più soldi”. Il solito “teatrino”.
L’informazione, che nel nostro Paese spesso si caratterizza per la faziosità politica, tenta di mostrarci che famiglie, insegnanti, studenti (perfino i bambini!) “insorgono” contro il Ministro e le sue scelte.
Contemporaneamente è iniziata la campagna di disinformazione, tendente a creare incertezze, preoccupazione e malcontento:
“abolito il tempo pieno”, “licenziati 100.000 docenti”, sono tra i messaggi fatti passare alle famiglie. Il Ministro ha assicurato che il tempo pieno sarà garantito (come dubitarne?) e che la riduzione del personale, necessaria, avverrà per mancata sostituzione di quanti andranno in pensione: d’altronde abbiamo mai visto un dipendente pubblico licenziato per esubero di personale?

Il compito dei genitori
Come andrà a finire, dipende molto da noi. Innanzitutto diciamo apertamente che i genitori, in numero straordinariamente maggioritario, sono per il maestro prevalente, per l’uso del grembiule, per il voto in condotta, per una scuola che funzioni, per la libertà di scelta, che non è solo tra tempo normale e tempo prolungato, ma è un diritto che riguarda principalmente il progetto educativo che sta alla base dell’offerta formativa della scuola.
Tutto questo però non può ridursi ad essere una concessione dall’alto. Mentre chiediamo al Ministro di fare presto, di riempire di contenuti questo decreto e di proseguire sulla strada intrapresa, e mentre attendiamo qualche atto concreto in merito alla libera scelta delle famiglie, diamo noi genitori un chiaro segnale che a noi la scuola interessa.
La misura di come sarà possibile fare, lo ripetiamo, dipende anche da ognuno di noi. Come? Nel saper cogliere l’informazione corretta da quella tendenziosa, nel proteggere i nostri figli dai cattivi maestri (quelli che all’inizio dell’anno scolastico si sono presentati con il lutto al braccio), nell’esigere per i nostri figli una scuola accogliente e di qualità, nel saper rispondere alle falsità, nel metterci in gioco.
Noi non siamo contro gli insegnanti, non parteggiamo per un Ministro o per un Governo, ma con gli insegnanti e con le Istituzioni vogliamo lavorare per il bene e il futuro dei nostri figli e del nostro Paese.

A.Ge.S.C. ASSOCIAZIONE GENITORI SCUOLE CATTOLICHE Milano
Ottobre 2008

CAMBIARE LA SCUOLA? LE RAGIONI DEL SIultima modifica: 2008-10-27T00:03:51+01:00da ritina5
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3 pensieri su “CAMBIARE LA SCUOLA? LE RAGIONI DEL SI

  1. Sono stufo di riforme della scuola inutili. I professori e gli insegnanti non hanno spesso idea del vero mondo del lavoro. I ragazzi diplomati e laureati spesso non servono alle industrie perchè conoscono concetti complessi ma non le basi, quindi vengono molte volte addestrati da operai con licenza elementare e media (lavoro presso una multinazionale e lo vediamo tutti i giorni).
    Diplomati e laureati che non riescono a calcolare un volume di un solido o la quantità di acqua in dm cubi contenuti in una cisterna. Diplomati e laureati in materie tecniche che si dimenticano le leggi di base della fisica (F=m*a, V=r*I, P*V=n*R*T) e vengono tutti “bocciati” al colloquio con il risultato che l’anno scorso sono stati assunti ragazzi Russi, Ucraini, Rumeni e Francesi che oltre a conoscere le leggi sanno parlare bene Italiano!.
    Dove vogliamo andare con questi ragazzi?
    Il nostro capo del personale è depresso e chi come me a volte vede e corregge le prove scritte si demoralizza leggere che un ragazzo di ventanni ha seguito due corsi di informatica,sa usare dieci applicativi complessi e ha un master in economia di impresa, un diploma di perito industriale, ma sbaglia la divisione di 220/4 perchè non ha la calcolatrice, non si ricorda come si calcola un volume di un serbatotio ( perche sferico ) e scrive che l’area di un cerchio è 3*3.14 * diamentro….

    Speriamo che russi, francesi e romeni ci invadano così tornerà la meritocrazia e chi non merita va a zappare i campi

  2. Sono daccordissimo con te, caro Enzo, tranne sull’invasione di Russi, Rumeni e Francesi!;-)
    Non credo che le cose si risolvano con leggi e decreti; bisogna trovare, o ritrovare, il senso dello studio e dell’insegnare e dell’imparare. I nostri alunni, quando finiscono la scuola non sono affatto preparati ad affrontare il mondo del lavoro; infatti devono fare apprendistati, stages, tirocini infiniti; ma tanto si sa che ci vuole il classico, inevitabile “santo in paradiso” che ti dia un bel calcione là dove non batte il sole. Il problema, secondo me, è la nostra mentalità corporativa; la scuola, la sanità, ecc., sono visti come calderoni dove scucchiaiare lavoro, e non ambiti di crescita e di supporto per il popolo, per il suo progresso culturale e umano. Mah, vediamo come si procederà…Sono preoccupata, perchè, ormai, si legifera, si manifesta in piazza, si fanno proclami, in modo ideologico; ognuno cerca di tirare la gente dalla propria parte politica, e ci si accusa reciprocamente delle inadempienze! Grazie del commento. Un caro saluto!

  3. Yep, ritina…

    Ne ho mille di ragioni per cui tutte quelle cose che hai riportato scritte o sono incomplete o non sono corrette… è ovvio che se sono io a presentarti qualcosa che il mio gruppo ha costruito per te cercherò di vendertela nel migliore dei modi.

    I dati ocse ad esempio se non riportati correttamente nella loro complessità (che non tiene in considerazione solo l’aspetto scolastico) non servono a niente. E’ inutile dire “scuole italiane peggiori d’europa” è un intero modo di essere, culturale, sociale, scolastico ma anche burocratico (le ragioni sono mille); tanto per dirti, lo studio del rendimento è associato al numero di televisioni possedute, di cellulari e di inclinazione alla lettura.
    Il voto in condotta, il maestro unico, ed una serie di altre strozate (io lo posso dire che sono stronzate perchè lo posso spiegare) vengono fatte passare come grandi innovazione, quando sono -non voglio dire un tornare indietro, perchè se quel che si faceva prima era un bene perchè no? ma dico- palliativi. E purtroppo non sono neanche morfina per i ragazzi, ma solo per gli adulti che vogliono sentirsi rassicurati. Come mandare l’esercito contro la camorra. Si affronta il problema sbagliato. (basta chiedere io spiego tutto, non mi dilungo perchè ci sarebbe un mare da scrivere e mezzo mare l’ho già scritto sul mio blog)

    Volevo piuttosto rispondere al commento di Enzo. E qua c’è tutta una questione intricatissima a riguardo. Come dobbiamo intendere la scuola? e allora ci sono più correnti: La scuola deve preparare i giovani al lavoro per renderli competitivi, in pratica la scuola è sottoposta alle richieste del mercato.
    La scuola deve educare le nuove generazioni ad un impegno sociale, deve cioè fare di questi giovani delle menti non sottoposte al sistema economico imperante per far si che la società non vada alla deriva progressista (cui sono inclini tutti i grandi paesi europei e non).
    La scuola deve preparare menti aperte e non lavoratori, la preparazione al lavoro tocca alle aziende, la scuola deve solo dare le basi per poter apprendere, qualunque cosa si voglia andare a fare, deve essere una preparazione potenziale, non effettiva.
    La scuola deve indottrinare i giovani (c’è anche questa ipotesi), infilargli in testa delle nozioni che gli permettano di vivere tranquillamente senza cadere mai nel relativismo (neanche per sbaglio).

    E ce ne sono tante di queste sfumature che si intersecano tra loro…. io capisco l’impellenza pratica dei nostri tempi, però non ha senso sostenere moralmente la campagna per l’ambiente e vivere appoggiando la mentalità progressista. Dover necessariamente soddisfare una richiesta di produttività, è alienante, ogni cosa deve risultare veloce, bisogna ottimizzare le risorse, anche quelle umane… ed è per questo che poi si sono venute a creare situazioni insostenibili sui posti di lavoro, e quindi le problematiche sociali (crisi finanziaria inclusa). Il problema sarà anche la scuola, ma dal mio punti vista lo è (nelle tue considerazioni) al 10% perchè è il mondo del lavoro che dovrebbe cambiare. Anche se indubbiamente è molto più difficile e mi rendo conto che per come vanno le cose è impossibile che sia altrimenti. Ma forse non dovremmo dare per scontato che sia così, senza speranza è l’abitudine, e a quel punto la fine senza colpi di scena.

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