BENEDICTUS

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Benedetto il Signore Dio d’Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
e ha suscitato per noi una salvezza potente,
nella casa di Davide, suo servo,
come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo:
salvezza dai nostri nemici
e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, in santità e giustizia
al suo cospetto, in tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo,
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati,
grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge,
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell’ombra della morte
e dirigere i nostri passi
sulla via della pace.


Il canto che abbiamo imparato, il Benedictus, dove si trova nella Bibbia? Chi ha inventato questa orazione? Il padre di Giovanni Battista, dopo che fu liberato dal mutismo che gli era stato comminato come rimprovero per la sua dubbiezza. Perché la dubbiezza è il nemico più equivoco di Dio e del vero. Uno che nutre un dubbio sembra più oggettivo di uno che afferma una sicurezza, che afferma il vero (mentre chi nega decisamente può apparire subito come esagerato!); chi afferma il dubbio sembra un saggio, mentre è il più satanico di tutti.
Questo lo dico perché abbiate a giudicare i sentimenti che avete in voi. Il sentimento più cattivo, cattivo nella sua astuzia, è il dubbio, il dubbio che tende ad essere sistematico, che tende ad essere affermato ad ogni piè sospinto, ad ogni passo.
Allora, per il vecchio Zaccaria, di fronte al presagio della nascita di Giovanni Battista da lui (che era vecchio) ed Elisabetta, sua moglie (vecchia come lui), di fronte a una cosa umanamente impossibile – impossibile! -, sembra più equanime il dubbio: «Mah, chissà!». E il dubbio impedisce di capire, il dubbio è ingiusto perché pone un preconcetto, pone in un assetto non spalancato e aperto, così che, se il vento dello Spirito arriva, trova la porta chiusa. Non è il no, è un assetto che non ospita, inospitale.
Quando riacquistò la parola, Zaccaria scoppiò in questo cantico che, come quello della Madonna – il Magnificat -, poteva benissimo essere inventato da un giudeo qualsiasi, perché gli ebrei, specialmente i più devoti, sapevano la Bibbia così bene che normalmente la loro preghiera era infarcita di citazioni bibliche, prendeva spunto, prendeva abbrivio da frasi bibliche. Infatti tutte le frasi del Benedictus si possono trovare qua e là nelle pagine della Bibbia. E uno che era abituato a leggere la Bibbia, che sapeva la Bibbia a memoria, in quel momento, attraverso quella specie di antologia, di selezione spontanea, riassumeva lo stato d’animo suo verso Dio.
Quali erano i sentimenti predominanti nello stato d’animo di un ebreo devoto? Prima di tutto che la vita è una promessa, la realtà appare promettente: tant’è vero che incuriosisce e il primo impeto non è quello di strozzarsi, di suicidarsi, ma quello di vivere; tant’è vero che un altro atteggiamento – un atteggiamento contrario a sé – nasce da una complicazione.
È quello che dice il primo capitolo della Sapienza: l’origine della realtà è buona, «il volto buono del Mistero».
Il secondo sentimento era l’attesa della risposta a questa promessa: la fedeltà a Dio è l’attesa della risposta.
Dio crea l’uomo come promessa e l’uomo attende come risposta. Questi sono i due piloni fondamentali della religiosità ebraica, della via all’infinito rivelata da Dio, non quella «immaginata» dall’uomo.
I profeti, dunque, nella tenebra in cui si muove tutta questa umanità nostra, è come se lanciassero razzi di luce nella notte: un grido che rompe il silenzio triste e confuso (non un silenzio pensoso, ma un silenzio triste e confuso). Infatti, non è pensiero, quello degli uomini; è reazione, di fronte alle cose che capitano, in cui si esprime l’attesa. L’attesa si esprime, ma si esprime confusamente, come reazione alle cose che accadono, perciò, al fondo, come delusione di fronte alle cose che accadono o come mortificante gioia (mortificante gioia perché è una gioia che finisce: più mortificante di questo c’è soltanto la morte).
Il figlio di Zaccaria fu predetto da Dio a sua madre e a suo padre come il profeta che avrebbe indicato il Messia venuto, l’ultimo dei profeti, il più grande tra i figli dell’uomo, il più grande tra i nati di donna. Eppure il più piccolo dopo di lui, il più piccolo che seguisse Gesù è più grande di lui. Il più piccolo che segue Gesù è più grande del più grande profeta, che ne anticipa in qualche modo la presenza.
Vi ho detto questo per chiarirvi minimamente il contesto del Benedictus, perciò il valore di questo canto, così che, imparando a cantarlo, teniate presente il pozzo profondo di umanità e di mistero che ferve in esso: tutte le parole sono destate dal fervore di una umanità profonda e di un Mistero presente.

(Luigi Giussani, Si può (veramente) vivere così)

da tracce.it

BENEDICTUSultima modifica: 2009-06-24T12:36:32+02:00da ritina5
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