Diario dal futuRU

21 Agosto 2011

Mi è costata una sessantina di euro.

Vacca boia, più di cinque volte rispetto alla pillola del giorno dopo, maledetta quella volta…

No, il farmacista non ha fatto storie: un timbro sulla ricetta e via.

Ho apprezzato che non mi abbia scannerizzato dai piedi ai capelli, scandagliandomi da sopra gli occhiali.

In fondo sono affari miei, lui faccia il suo lavoro.

Che se obietta lo denuncio.

L’anno scorso è stato peggio.

Il medico di base, i sette giorni, il ricovero in ospedale, la prima pillola, le ecografie, le notti in ospedale, la seconda pillola, la terza, le ecografie e signora-come-mai-è-ricoverata-qui delle vicine di letto.

Antibiotici e antidolorifici.

Rispetto della legge 194, tuonava l’Agenzia preposta.

Chi l’avrebbe mai detto che me l’avrebbero fatta odiare, quella legge “benedetta”.

Tre giorni dentro.

Ad altre andava anche peggio .

Qualcuna è rimasta una settimana intera in ospedale.

Si dice che una donna sia rimasta quindici giorni, ma secondo me è una leggenda da corsia ospedaliera.

Qui se ascolti tutti arrivano a dirti che si muore di RU486.

Oscurantisti.

L’aborto è mio, e lo gestisco io.

Tanto in questi mesi si era capito come aggirare la legge nel rispetto della legge.

Basta una firmetta.

Dimissione volontaria.

Non potevano trattenerci contro la nostra volontà.

Sarebbe stato sequestro di persona.

Una firmetta dopo ogni pillola e via a casa.

Tanto poi si poteva tornare in qualunque momento, lì o altrove, per proseguire gli accertamenti.

E poi, se era ancora presto, un’altra firmetta.

L’unica scocciatura me l’ha data quello della guardia medica, che non ne voleva sapere di uscire per giudicare se il sanguinamento era normale o eccessivo.

Ho dovuto arrangiarmi, con un po’ di buon senso.

Però ho passato qualche brutto quarto d’ora, a maledire quelli che lo hanno battezzato “aborto dolce”, ovviamente tutti maschi.

Poi, come mi avevano detto, ho intravisto “il prodotto del concepimento”, prima di tirare lo sciacquone.

Mi hanno insegnato a chiamarlo così, per non affezionarmici.

Se lo avessi chiamato “bambino” avrei rischiato di cambiare idea, nei giorni che intercorrevano tra le diverse pillole, e prima della sua espulsione.

Chissà che casino sarebbe successo se avessi cambiato idea.

Chissà che casino.

Alla fine anche il governo ha dovuto arrendersi all’evidenza che la faccenda delle “firmette” per le dimissioni volontarie era una buffonata ipocrita.

Così come ipocrita era impostare tutta la campagna anti-RU sui suoi presunti effetti collaterali: morti da Ru486?

Ma certo! I bambini muoiono! Quelli che non si voleva far nascere!

In quanto alle mamme… nessun farmaco è innocuo, no?

Troveremo qualche professore che distinguerà le 29 donne morte a seconda della via di somministrazione, della dose, del bacillo in causa, delle eventuali patologie associate… e tutto evaporerà nei distinguo.

Ieri il governo ha modificato un paio di articoli della legge 194 (quella, per intenderci, che “non si tocca”). E’ bastato anzi dare un nuovo senso alle parole dell’articolo 8 della legge 194: “praticare l’interruzione di gravidanza” da ieri non è più inteso come “espellere il prodotto del concepimento”, ma come “por fine alla forma di vita intrauterina”.

In questo modo, la prima pillola si prende sotto controllo medico, le altre a casa propria, dove avverrà l’espulsione effettiva.

Basta intendersi sui termini, come sempre, no?

E così il governo ha aggirato l’ostacolo, ha stracciato qualche polverosa dichiarazione di principio, ha ignorato qualche interpellanza, ha rimesso nel cassetto le documentazioni di presunti effetti avversi da RU486 e ha commercializzato la pillola abortiva nelle farmacie.

Però a sessanta euro.

Speriamo che l’anno prossimo sia mutuabile, come un comune lassativo.

Grazie a Vino e Mirra

Diario dal futuRUultima modifica: 2009-08-02T12:04:45+02:00da ritina5
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