ASCENSIONE



Di J. Ratzinger

Nel racconto dell’ascensione di Cristo l’evangelista Luca ha inserito un’osservazione che continuo a trovare sorprendente, per quanto io abbia cercato più volte di chiarirne il significato teologico. Infatti Luca nel suo vangelo dice che i discepoli erano pieni di grande gioia quando dal monte degli ulivi scesero verso Gerusalemme. Secondo la nostra normale psicologia qui c’è davvero qualcosa che non va:
l’Ascensione del Signore al cielo era l’ultima apparizione del Risorto; i discepoli sapevano che non avrebbero più rivisto il Signore in questo mondo.
Certo, questo congedo non è paragonabile a quello del venerdì santo. Allora, infatti, Gesù sembrava aver fallito e tutte le speranze fino ad allora riposte in lui dovevano apparire ora come un grande abbaglio. Al contrario, il congedo da lui il quarantesimo giorno dopo la risurrezione, reca in sé qualcosa di trionfale e rassicurante: questa volta Gesù non è infatti consegnato alla morte, ma entra fino in fondo nella vita. Non è sconfitto, ma Dio gli ha reso giustizia.
Per questo c’è motivo di gioia. Ma quando l’intelletto e la volontà gioiscono, non è detto che il sentimento debba fare lo stesso. Pur comprendendo la vittoria di Gesù, si può soffrire per la perdita della sua vicinanza umana. La paura dei discepoli di essere abbandonati potrebbe essere cresciuta, tanto più all’idea del compito smisurato che si prospettava
loro: uscire verso l’ignoto e rendere testimonianza a Gesù davanti a un mondo che li vedeva solo come gente di poco conto venuta dalla Giudea, per di più emarginata dal suo stesso popolo.

Ma proprio qui si collocano, inamovibili, le parole della grande gioia di coloro che tornavano a casa. Non riusciremo mai a chiarire queste parole, finchè non capiremo fino in fondo la letizia dei martiri: il canto di un Massimiliano Kolbe nel bunker della fame; il gioioso inno di lode a Dio, che Policarpo intona sul rogo, e molto altro ancora. Nei santi dell’amore del prossimo troviamo la stessa grande gioia proprio nei momenti in cui essi rendono agli ammalati e ai sofferenti i servizi più difficili; e grazie a Dio non si tratta solo di storie passate. Così, da simili esperienze possiamo intuire qualcosa di come la gioia della vittoria di Cristo coinvolga non solo l’intelletto, ma possa comunicarsi anche al cuore e giungere in tal modo alla sua pienezza. Solo quando qualcosa di simile avviene anche in noi stessi, possiamo comprendere la festa dell’Ascensione di Cristo. Quello che è accaduto qui è la vittoria della definitività della redenzione nel cuore dell’uomo, così che la conoscenza diventa gioia…(continua… paparatzinger-blograffaella.blogspot.com/2008/05/card-ratzinger-lascensione-segno-della.html)

ASCENSIONEultima modifica: 2008-05-03T20:27:09+02:00da ritina5
Reposta per primo quest’articolo