L’UMANITA’ DI MARIA

http://www.pediatria-gravedona.it/foto/solario01.jpgdi Lucetta Scaraffia
Tratto da L’Osservatore Romano del 19 giugno 2008

Due grandi volumi di immagini sacre, corredate da commenti spirituali tratti dalle Sacre Scritture e dai testi dei santi, sono il frutto di una passione nata nell’infanzia per una Madonna combattente, la Vergine a cavallo e armata di spada protettrice di un paese siciliano, Scicli, nell’animo di un ragazzino che poi sarebbe diventato un famoso chirurgo, Tommaso Claudio Mineo.

Il frutto di questa passione è una raccolta in due grandi volumi di immagini della Vergine con bambino nella sua versione più dolce e materna: quella in cui come madre allatta il suo piccolo.

Nell’infinità di Madonne del latte che i due volumi ci offrono vediamo certo differenze: fra le ieratiche icone in cui il gesto dell’allattare sembra quasi rappresentato nel suo significato simbolico, più che nella sua immediatezza fisica, e le bellissime Madonne rinascimentali che allattano compiendo gli stessi gesti delle donne, con la stessa sollecitudine amorosa di una madre verso il suo piccolo. Ma in tutte è forte e presente la concretezza dell’amore materno, che si realizza nella gravidanza e nell’allattamento. Probabilmente nessuna altra immagine come quella dell’allattamento, che significa dare il proprio corpo da mangiare a un altro essere umano bisognoso, trasmette l’idea di completa donazione amorosa, e quindi si avvicina a quella che, nella tradizione cristiana, è la più alta donazione di sé: quella di Gesù che si immola per l’umanità peccatrice e che, come nell’ultima cena e nel sacramento eucaristico, offre il suo corpo e il suo sangue ai fedeli.

Al tempo stesso, l’allattamento costituisce una prova concreta dell’Incarnazione: Gesù è stato un bambino come gli altri, allattato da sua Madre. La sua divinità non esclude la sua umanità, anche negli aspetti più fragili che questa implica.

Per questo la tradizione iconografica cristiana prima, cattolica e ortodossa poi, non ha mai avuto remore a rappresentare senza veli una parte del corpo femminile dalle riconosciute valenze erotiche come il seno, anche se l’immagine si poteva prestare ad ambivalenze: nel primo volume di questa raccolta è riprodotta l’opera di Jean Fouquet, parte del dittico di Melun, che ce ne dà un esempio. Essa era stata commissionata per celebrare le grazie dell’amante del re, piuttosto che per glorificare la maternità di Maria. Certo, l’ambiguità in questo caso è manifesta, ma la potenza simbolica dell’amore fra madre e Figlio è così forte da purificarla, almeno per gli osservatori più devoti: omnia munda mundis.

La potenza di questo soggetto si è anche trasformata nel senso opposto, quello della carità, esasperandolo: per rappresentare la Carità Romana, dopo le feroci critiche di Lutero e le invettive dei protestanti contro la città della corruzione e della dimenticanza di Dio, non si è trovata immagine più significativa che quella di una donna giovane e bella, che rappresenta la città di Roma, nell’atto di allattare un vecchio malato e ributtante. Qui l’esempio della donazione materna, così ben rappresentato dalla Vergine del latte, diventa eroismo supremo di carità che vince ogni ripugnanza, che affronta ogni sacrificio.

La raccolta qui presentata risale fino alle icone dei primi secoli, ma si ferma al XVI-XVIi secolo: da questo momento, la Madonna del Latte è presente solo nel contesto di una devozione popolare, cara alle donne, intorno alla quale sono nati riti di fertilità ben studiati dagli etnologi, ma scompare dalle chiese di città, dalla devozione delle classi superiori e dalla committenza del clero urbano. Cos’era successo? Le critiche dei protestanti contro la carnalità e la “sconvenienza” di molte immagini sacre – che ha costituito una delle ragioni dell’iconoclastia di gran parte del mondo riformato – anche se teoricamente respinta dalla Chiesa cattolica, ha determinato degli effetti nell’arte sacra: tutti sappiamo che proprio in questo lasso di tempo sono stati messi i “braghettoni” ai possenti nudi della cappella Sistina, ma è meno nota la progressiva scomparsa delle immagini della Madonna che allatta, a favore di Vergini più coperte, meno “carnali”, ma anche, purtroppo, meno piene di amore, meno capaci di trasmettere quell’idea di donazione totale che tocca il cuore e la fede dei devoti, e che, per fortuna, si ritrova ancora nelle cappelle di campagna.

Con la frattura della cristianità, scompare anche nella tradizione cattolica quella che Cristina Campo chiama “la meravigliosa carnalità della vita divina”. E precisa con lucidità: “Il Rinascimento, la Riforma, la necessità incessante delle dispute teologiche, l’Illuminismo soprattutto: ogni prova fu puntualmente superata dalla dottrina ma sembrò strappar via con sé un lembo dell’antica vita cristiana”. Ben venga quindi questa riabilitazione, artistica e spirituale, di un’immagine così concreta e amorosa, che ricorda come la tradizione artistica cristiana abbia avuto sempre la straordinaria capacità di rappresentare il divino attraverso l’umano.

L’UMANITA’ DI MARIAultima modifica: 2008-06-20T00:38:32+02:00da ritina5
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