Graziella

CHI PARLA E CHI ASCOLTA

In “Il Tempio e il Tempo” l’autore, Luigi Giussani, si chiede: “è la Chiesa che ha abbandonato l’uomo o è l’uomo che ha abbandonato la Chiesa? Tutte e due!” Leggendo questo articolo mi chiedo: è la Chiesa che non sa più parlare o è l’uomo che non sa più ascoltare? Tutte e due!!!

Il professore Bianco, simbolo di una civiltà evoluta, invece rappresenta tutte le contraddizioni della cultura occidentale che afferma il primato dell’intelletto e della conoscenza. Ma poi, come dice il Nero, finisce tra le rotaie del Sunset Limited. Qui, forse c’è un altro sovvertimento: l’autodistruzione viene perseguita come una vittoria. «Il Bianco è una figura forte: si sente prigioniero della speranza, della felicità. Non soltanto vuole morire, ma vuole guadagnare la solitudine assoluta. Nemmeno vuole rivedere sua madre. Semplicemente, vuole non esistere. Una posizione radicalissima. Disperata. E qui si vede che McCarthy è più narratore che pedagogo». Non sarà un pedagogo ma il suo libro, come forse nessun altro, rappresenta quest’epoca di scontro fra il cristianesimo e il nichilismo contemporaneo. Cristo si identifica in Nero perché il popolo nero conserva una primordialità vergine che Bianco non ha più e forse non può più avere. C’è troppa presunzione, ci sono troppi libri. E a Bianco che ammette di non essere abbastanza virtuoso per accorgersi di Dio, Nero replica che «non si tratta di essere virtuosi. Si tratta di stare zitti». «Si tratta di saper ascoltare», precisa Ferrara. «Nero rappresenta l’esperienza evangelica, è un monumento al povero di spirito. Ma i libri che ha letto Bianco, come Guerra e pace, sono un portato del cristianesimo. Io credo che il confronto non sia tra uno che incarna la spiritualità e l’altro che rappresenta la secolarizzazione, ma che entrambi si muovano in un orizzonte secolarizzato».
Più che la fede e la scommessa su Dio, il terreno preferito da Ferrara è l’etica, la città degli uomini. «In uno dei suoi ultimi saggi il vescovo anglicano Nazir-Ali scrive che la libertà di peccare senza misura del mondo contemporaneo viene dal cristianesimo. Ma questa libertà di peccare non va giudicata, bensì messa sotto controllo. La conversione non è un fatto risolutivo per la civiltà. Nella storia, dopo che il cristianesimo ha convertito re e regine, ha cominciato a corrompersi, secolarizzarsi. Dopo la conversione entra in gioco la libertà, la scelta. L’uomo deve decidere di liberarsi razionalmente della presunzione di onnipotenza della ragione, perché la fede ha un suo spazio intellettuale preciso».
Ci sono altri sovvertimenti, altri paradossi? «Il cristianesimo apparentemente perde. Nero vede fuggire il suo interlocutore e muore nel dolore di non riuscire a salvarlo». Un dolore che viene dalla consapevolezza di non aver trovato le parole giuste per parlare all’uomo che sceglie l’annientamento. Questa non è forse la situazione della Chiesa di oggi, così incapace di parlare alla disperazione dell’uomo contemporaneo? «Giovanni Paolo II ci ha provato. Papa Ratzinger continua a provarci. Ma per il resto la Chiesa è ferma all’apologia. Ha dimenticato la sua forza profetica. Se l’uomo d’oggi, entrando in una chiesa incontrasse questo carisma profetico e non appena la medicina della solidarietà; se trovasse dei parroci che hanno letto anche McCarthy e non si perdessero a corteggiare le mode e i giovanilismi correnti; se le parrocchie tornassero a essere luogo di missione… allora credo che qualcosa potrebbe cambiare».
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Maurizio Caverzan-Il Giornale

 

CHI PARLA E CHI ASCOLTAultima modifica: 2008-06-29T13:29:59+02:00da
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