OCCORRE UNA LEGGE PER REGOLARE LA VITA?

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Una lettera al Direttore de Il sussidiario.net da parte di F. Achilli presidente dell’associazione  Medicina&persona:

Testamento biologico, una legge per “regolare” la vita?

Caro Direttore,
nell’articolo pubblicato ieri, Assuntina Morresi sostiene la necessità di un provvedimento legislativo in merito alle decisioni di fine vita, partendo dalla vicenda “giuridica” del caso Englaro e dal rischio (reale) che la sentenza possa essere utilizzata per far “giurisprudenza”.

Sostiene sinteticamente che c’è bisogno di una legge che affermi:
1) la non ammissibilità dell’eutanasia (attiva e /o omissiva), a tutela dei soggetti più deboli;
2) che l’alimentazione e l’idratazione “artificiale” non sono un trattamento sanitario;
3) la necessità di un consenso informato scritto che renda non equivoca l’interpretazione della
 volontà del Paziente;
4) uno strumento di legge che renda “inoffensiva” la sentenza della Cassazione in materia.

Qualche osservazione di merito.

1) Non esiste in Italia (grazie a Dio) una legge che permetta l’eutanasia, né una legge che regoli il cosiddetto “testamento biologico”. La materia viene invece (e non a caso) affrontata dal Codice Deontologico Medico, rivisto nel 2006, che è sufficientemente chiaro in merito.
·        Art.13 «In nessun caso il medico dovrà accedere a richieste del paziente in contrasto con i principi di scienza e coscienza allo scopo di compiacerlo, sottraendolo alle sperimentate ed efficaci cure disponibili».
·        Art. 17 «Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte».
·        Art. 20 «Il medico deve improntare la propria attività professionale al rispetto dei diritti fondamentali della Persona».

In sostanza, il Codice Deontologico, riconosce che la responsabilità sulla situazione clinica del Paziente è “di fatto” affidata al Medico, la cui azione è orientata esplicitamente alla tutela della vita e della dignità della persona.
Quindi il problema non è la sussistenza di un “vuoto normativo”. Va accettato il fatto che anche il Legislatore, almeno sino ad oggi, ha implicitamente riconosciuto che il luogo naturale di affermazione dei diritti della persona in tema di assistenza, non è solo “la legge” ma un rapporto: il rapporto tra due persone in cui sia esplicitamente chiaro il bene da perseguire.

Ma se questo è vero, il punto diventa un altro.
La Costituzione oggi non definisce il diritto all’assoluta autodeterminazione della persona: questa è solo un’interpretazione irrealistica della norma costituzionale.
L’art. 32 (articolato nei comma 2,3) più semplicemente riconosce il diritto alla salute e al consenso (adeguatamente informato) della persona nei confronti dei trattamenti sanitari, inteso come strumento di aiuto al Medico dentro una relazione “ di cura”.
La nostra Costituzione interpreta questi concetti in un’ottica personalista, considerando centrale il valore non solo dell’autonomia ma anche delle relazioni e dei legami solidaristici, tutelando i rapporti familiari, religiosi, associativi. I diritti non vanno presi singolarmente né assolutizzati, ma è necessario collocarli nell’ambito relazionale proprio della persona.
In sintesi quindi: non c’è vuoto legislativo da colmare, il punto è un’interpretazione autentica del dettato Costituzionale, e la piena attuazione del Codice Deontologico Medico.

2) Nella stessa logica, l’idratazione e l’alimentazione fanno parte di ciò che si può definire “basic life support” (BLS) obbligatorio per chiunque, non per i soli medici.
Inoltre in riferimento all’“artificialità” va ricordato che la nutrizione effettuata per le vie non naturali (nutrizione enterale con SNG o PEG oppure nutrizione parenterale in vaso venoso periferico o centrale) è stata riconosciuta come diritto dal Comitato Nazionale di Bioetica il 30/9/2005 anche in soggetti in stato vegetativo persistente.

3) Non è il consenso informato “scritto” a risolvere l’equivoca ricostruzione della volontà del Paziente: su che contenuto andrebbe richiesto? Per quali trattamenti? Per quali delle molteplici patologie invalidanti esistenti? Non è uno strumento realistico.

4) È ragionevole legiferare per “superare” gli effetti nefasti non della legge, ma di una sua interpretazione? Non è vero che la sentenza della Corte di Cassazione che è relativa al caso specifico, diventi automaticamente giurisprudenza applicata universalmente.
Occorre comunque attendere il ricorso della Procura e soprattutto lavorare perché emergano sempre di più le inaccettabili semplificazione della sentenza. Per questo come del resto la Prof.ssa Morresi riconosce, non occorre un atto d’imperio, ma un lavoro culturale e di presenza forte che rifaccia comprendere le ragioni di una posizione più autenticamente fedele alla Costituzione e alla storia del nostro Paese.

Come ha scritto Giuliano Ferrara di recente, «l’unica legge sensata sarebbe quella che in un solo articolo dicesse, risolvendo il conflitto tra carità e legge in modo chiaro, e a favore della carità: nessun malato o portatore di handicap può essere soppresso finché qualcuno nel mondo sia pronto a darsi per la sua amorevole cura».

(Felice Achilli, Presidente dell’associazione Medicina & Persona)

OCCORRE UNA LEGGE PER REGOLARE LA VITA?ultima modifica: 2008-08-06T10:21:50+02:00da ritina5
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