IL PADRONE DL MONDO

 

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Padre Percy ottiene di essere ricevuto dal Papa, che gli pone tre domande: «Cosa è avvenuto, cosa avviene e cosa avverrà?» Il prete si fa coraggio ed inizia a parlare… Ecco il dialogo centrale de «il Padrone del Mondo»

La bianca figura del papa sedeva, nella penombra della stanza, dietro una grande scrivania, proprio in faccia alla porta dalla quale Percy e il cardinale erano entrati. Questo fu ciò che Percy vide prima d’inginocchiarsi. Poi avanzò con lo sguardo a terra e si inginocchiò per una seconda volta. Avanzò ancora e di nuovo, per la terza volta, si mise in ginocchio, accostando alle labbra la mano scarna e bianca tesa verso di lui. Mentre Percy si alzava, sentì la porta richiudersi alle sue spalle.

«Padre Franklin, santità!» disse il cardinale al papa, avvicinandosi al suo orecchio.
Il braccio, coperto di bianco, accennò ai visitatori due sedie, sulle quali si accomodarono subito.
Il cardinale, in un latino molto elementare, ricordò al papa chi fosse padre Franklin, quel prete inglese che aveva inviato corrispondenze così interessanti.

Percy intanto si guardava intorno stupito. Conosceva il papa per averlo visto in tante fotografie e cortometraggi. Conosceva anche il suo modo di fare: il leggero piegarsi della testa in atto di assenso e le rapide ed eloquenti mosse delle mani che accompagnavano le parole.
Ma Percy, pur sapendo di pensare una cosa banale, dovette confessare a se stesso che, visto di persona, il papa era una presenza totalmente nuova […]

Ricapitolando le sue espressioni, Percy trovò che solo la parola prete compendiava quella figura. «Ecce sacerdos magnus»!
Si stupiva che il papa, ormai ottantenne, avesse un aspetto così giovanile (saldo nelle spalle e colla testa ritta, simile a quella d’un atleta) e solo qualche ruga sul volto.
«Pastor angelicus», ripeteva tra sé Percy.

Il cardinale aveva terminato le sue spiegazioni. Fece quindi un cenno al giovane sacerdote. Percy, allora, cercò di svegliare e chiamare a raccolta tutte le capacità del suo spirito, in modo da poter rispondere adeguatamente alle domande che gli sarebbero state rivolte.

«Benvenuto, figlio mio» disse il papa, con voce dolce e musicale. Percy era commosso. Poté soltanto fare una profonda riverenza.
Il papa abbassò lo sguardo, prese con la mano sinistra un fermacarte e cominciò a giocherellare con quello, mentre parlava: «Ora, figlio mio, ecco le tre domande che ho da rivolgervi: che cosa è avvenuto, che cosa avviene e che cosa avverrà? E ditemi cosa, a vostro avviso, si dovrebbe fare».

Percy sospirò profondamente; si appoggiò alla sedia, intrecciò fra loro le dita delle mani e cominciò a guardare in basso, davanti a sé, una scarpa ricamata a croce. Poi prese a parlare, dicendo ciò che il giorno prima aveva ripetuto a se stesso almeno cento volte.

Per prima cosa cercò di inquadrare il problema. Le forze del mondo, egli spiegava, sono concentrate in due campi opposti: il mondo e Dio. Fino a quel momento le forze del mondo, incoerenti e disorganizzate, si erano gettate in diverse strade e, infatti, c’erano state guerre e rivoluzioni, movimenti di folla indisciplinati, sregolati e sfrenati. E a questo la chiesa aveva contrapposto la sua cattolicità, troppo preoccupata della quantità rispetto alla qualità. E in fondo la chiesa aveva opposto a dei franchi tiratori altri franchi tiratori. Ma durante gli ultimi cento anni c’era stato più di un segno che testimoniava la necessità di cambiare tattica di guerra. […]

A questo punto si rese conto che stava per perdere il filo: accompagnò allora le parole con un gesto sobrio, alzò un pò la voce e tentò di fare un collegamento tra tutti questi fatti e gli ultimi avvenimenti. Sosteneva che tutto quanto era accaduto nella chiesa negli ultimi anni conduceva appunto agli avvenimenti successi negli ultimi mesi, cioé alla riconciliazione del mondo intero su una base che negava il soprannaturale.

Volontà di Dio e del sommo pontefice era quella di unificare l’umanità nel nome di Gesù Cristo. Ma ancora una volta la pietra angolare era stata rigettata: ma non ne era seguito il caos, come molte persone pie avevano profetizzato. Era invece sorta un’unità che non aveva paragone in tutta la storia dell’umanità. E ovviamente concorrevano a costituirla molti uomini di buona volontà. Era morta, a quanto sembrava, la guerra: ma non era stato il cristianesimo a ucciderla. Tutti gli uomini si erano ormai convinti che l’unione è migliore della divisione: era una lezione che essi avevano appreso fuori dalla chiesa. Le virtù naturalistiche avevano cominciato, inaspettatamente, a crescere rigogliose, mentre le virtù divine erano state messe da parte e disprezzate. La filantropia aveva preso il posto della carità; la soddisfazione aveva sostituito la speranza e la fede era stata spodestata dalla cultura.

Percy si fermò su queste parole. Si accorse di avere assunto il tono tipico di un predicatore.
«È proprio così, figlio mio. Che altro c’è, ancora?» disse quella dolce voce. «Sì. Ancora alcune cose, santità» proseguí Percy. «I movimenti di questo genere creano delle personalità. La personalità di questo movimento è Giuliano Felsemburgh. L’opera da lui compiuta, umanamente parlando, è certamente miracolosa. Viene da quella parte del mondo che sola è capace di dar vita a simili virtú; ed è riuscito a porre fine alla secolare divisione tra occidente e oriente. Grazie al suo prestigio personale, ha saputo abbattere le due più grandi tirannie dell’umanità: il fanatismo religioso e i partiti politici. La sua azione deve essere veramente portentosa se si è imposta anche agli inglesi, in genere così poco sensibili, così come ha acceso fiamme d’entusiasmo in Francia, in Germania, in Spagna».

Percy si fermò per descrivere alcune scene in cui Felsemburgh era apparso come una visione celeste: citò, in tutta libertà, gli appellativi attribuiti a quest’uomo da giornali seri e autorevoli, per nulla fanatici. Felsemburgh era stato definito il figlio dell’uomo, per la sua educazione cosmopolita; salvatore del mondo per aver allontanato la guerra e perfino…. (ma a questo punto la voce di Percy tremava leggermente)… Dio incarnato, come simbolo, il più perfetto, della divina umanità.

Ma restò immobile, anche a queste parole, la tranquilla faccia di sacerdote che Percy aveva di fronte. Allora il giovane prete continuò a parlare: «Ormai è prossima la persecuzione. Già sono stati fatti alcuni tentativi. Ma la persecuzione non è da temere. Come sempre, essa, senza alcun dubbio, cagionerà delle defezioni; sono queste però cose deplorevoli eminentemente dal punto di vista personale. La persecuzione, d’altra parte, confermerà nella fede i veri credenti ed eliminerà dalla chiesa le coscienze titubanti. Già nei primi tempi l’attacco di Satana si scagliò sui corpi usando le sferze, il fuoco e le fiere; nel sedicesimo secolo, poi, lo stesso attacco si abbatté sulle intelligenze; nel ventesimo secolo esso violentò le sorgenti stesse della vita spirituale e morale, attaccando contemporaneamente il corpo, l’intelletto e il cuore. La cosa che più è da temere è questa influenza immensa che sa esercitare l’Umanitarismo: esso, infatti, s’avvicina, come il regno di Dio, con grande forza, esaltando le menti visionarie e romantiche; asserisce le sue verità e non le dimostra, soffoca con guanciali comodi invece di sollecitare le menti e ferisce con l’arma della dialettica. Sembra, da quanto è possibile vedere oggi, che esso si sia aperta la via per giungere fino alle più recondite segretezze del cuore umano.

«Vi sono persone che, pur non. avendone mai sentito parlare, si trovano a professare i principi dell’Umanitarismo; i preti se ne nutrono come si nutrivano del corpo di Dio nell’Eucaristia (e qui fece menzione delle più recenti apostasie); i fanciulli s’inebriano così come s’inebriavano a sentire il catechismo. L’anima, naturaliter christiana, sembra essere diventata naturalmente infedele. La persecuzione deve essere accolta, implorata, abbracciata come l’àncora della salvezza! Speriamo che le pubbliche autorità non siano così scaltre da distribuire contemporaneamente veleno e antidoto. Ci saranno così martiri individuali: e ve ne saranno molti, a dispetto del governo secolare, non certo per causa sua. Alla fine quasi sicuramente l’Umanitarismo vestirà gli abiti della liturgia e del sacrificio: dopo di che, senza l’intervento di Dio, la chiesa sarà persa».

Tremava. Si appoggiò pertanto alla sedia per trovare sollievo.
«Sì. Figlio mio. E che si potrebbe fare?»
Percy lasciò cadere le mani.
«Santo padre: la messa, la preghiera, il rosario. Queste sono le prime e le ultime cose. Il mondo nega la loro potenza ed è invece in tutto questo che il cristiano deve cercare appoggio e rifugio. Tutte le cose in Gesù Cristo: in Gesù Cristo ora e sempre. Nessun altro mezzo può servire: Egli deve fare tutto, perché noi non possiamo fare più nulla».

La bianca testa del Santo padre si piegò, in segno d’approvazione.
«Sì. Figlio mio. Ma finché Gesù Cristo si degna di servirsi di noi, noi dobbiamo essere profeti, re, sacerdoti. Quale sarà la nostra profezia e il nostro regno?»
Come a uno squillo improvviso di tromba, Percy cominciò a fremere, poi disse: «Ecco… Santo padre… Come profeti, nostro compito è predicare la carità, come re, dovremmo avere la croce sul nostro trono. Dovremmo amare e patire». Un singhiozzo gli ruppe per un istante il respiro. «La santità vostra ha sempre predicato la carità: risplenda dunque la carità nelle nostre azioni; cerchiamo di essere i primi in questa strada, riportando l’onestà negli affari, la verginità nelle famiglie, la serietà nel modo di governare. Quanto al patire… Oh! Santità… »

Nella mente, ora, ritornava l’antico progetto e questa volta premeva, chiaro, convincente, imperioso.
«Sì. Figlio mio. Dite con tutta franchezza».
«Santità… Ho un vecchio disegno… antico quanto Roma. L’ideale dei pazzi. Un nuovo ordine» diceva Percy e la sua voce tremava un poco.
La bianca mano lasciò andare il fermacarte. Il papa avanzò con la testa e fissò il volto del giovane prete. «Siete sicuro, figlio mio?»
Percy ora si era messo in ginocchio. «Un nuovo ordine, santità, senza abito o distintivo particolare, soggetto direttamente alla santità vostra. Più libero dei gesuiti, più penitente dei certosini, più povero dei francescani. Uomini e donne che fanno i tre voti e, in più, dichiarano la loro disponibilità, se necessario, a patire il martirio. Il Pantheon sarà la loro chiesa e ogni vescovo ne sorveglierà i membri entro i limiti del suo mandato. Ci sarà un luogotenente in ogni paese. Santità, parlo proprio da pazzo… Cristo crocifisso ne sarà il patrono.»

Il papa si alzò bruscamente, tanto bruscamente che anche il cardinale Martin si sentì in dovere d’imitarlo e balzò in piedi sbalordito. Forse il giovane prete aveva detto troppo. Ma il papa si rimise a sedere e, alzando una mano, disse: «Iddio vi benedica, figlio mio! Ora potete ritirarvi. Voi, eminenza, potreste fermarvi qui un momento?».

tratto da: Robert Hugh BENSON, Il padrone del mondo, Jaca Book, Milano 1990, p. 137-143.

IL PADRONE DL MONDOultima modifica: 2008-08-09T16:49:50+02:00da ritina5
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