QUEI DUBBI SULLA MORTE…

 

Stefano Lorenzetto – Il Giornale

A me pare che il vero scandalo sia questo: c’è voluto un quotidiano straniero (L’Osservatore Romano), diretto da un docente universitario di filologia patristica prestato al giornalismo (Giovanni Maria Vian), per porre con forza l’interrogativo che da 40 anni viene censurato dagli organi d’informazione italiani: è giusto dichiarare morta una persona in base a una convenzione di legge che ha il solo scopo di favorire i trapianti d’organo? Perciò dobbiamo essere grati a Lucetta Scaraffia, componente del Comitato nazionale di bioetica, che s’è assunta questa scomoda incombenza sulla prima pagina del foglio vaticano e ora deve sopportare il peso delle critiche e degli insulti.

Avrebbe potuto esprimere la sua posizione impopolare dalle pagine del Corriere della Sera, al quale pure collabora insieme col marito Ernesto Galli della Loggia. Non è un caso se ha deciso invece di affidarla al giornale del Papa. Questo Papa. Perché, come ha ricordato lei stessa nell’articolo, fu proprio l’allora cardinale Joseph Ratzinger, in una relazione sulle minacce alla vita umana tenuta durante il concistoro straordinario del 1991, a dire: «Più tardi, quelli che la malattia o un incidente faranno cadere in un coma “irreversibile”, saranno spesso messi a morte per rispondere alle domande di trapianti d’organo o serviranno, anch’essi, alla sperimentazione medica». Il futuro pontefice li chiamò, in quell’occasione, «cadaveri caldi».

Temo d’essere stato l’involontario catalizzatore dell’articolo sul giornale della Santa Sede. Giusto una settimana fa ho partecipato con l’autrice e con il professor Edoardo Boncinelli a un dibattito di Cortina Incontra che verteva proprio su questo tema, Tra la vita e la morte. La professoressa Scaraffia ha parlato soprattutto dell’aborto. Io mi sono permesso di scandalizzare l’attento uditorio ampezzano con alcune provocazioni sulla morte cerebrale. La consonanza d’opinioni, fra lei e me, alla fine m’è sembrata totale. Il padre di mio padre fu dichiarato morto quando il suo cuore si fermò, l’alito non appannò più uno specchio, il corpo cominciò a perdere tepore e a irrigidirsi. Ma nel 1968 la Harvard medical school concepì un nuovo criterio: si è morti quando muore il cervello. Del resto bisognava pur dare copertura giuridica a un chirurgo sudafricano, Christian Barnard, che qualche mese prima aveva eseguito il primo trapianto di cuore.

Purtroppo tutti gli organi, a eccezione delle cornee, hanno questo di brutto: per poter essere trapiantati vanno tolti dal corpo del «donatore» mentre il cuore di questi batte, il sangue circola, la pelle è rosea e calda, i reni secernono urina, un’eventuale gravidanza prosegue, tanto da rendere necessaria la somministrazione di farmaci curarizzanti per impedire spiacevoli reazioni quando il chirurgo affonda il bisturi. Vi paiono cadaveri, questi? Sì, assicurano i trapiantisti. No, stabilisce una legge dello Stato: infatti «per cadavere si intende: “Il corpo umano rimasto privo delle funzioni cardiorespiratoria e cerebrale”» (circolare del ministero della Sanità 24 giugno 1993, n. 24).

Prima contraddizione. Chiesi al professor Vittorio Staudacher, pioniere della chirurgia, come mai ai parenti delle vittime venisse taciuto che il «cadavere» del loro caro tale non era, visto che la funzione cardiorespiratoria è conservata. Mi rispose (aveva ormai 90 anni e non operava più): «Perché è terribile. Per non impressionare la gente. Sembrerebbe il saccheggio di un vivente». Collimava con quanto dichiarato sette anni prima dall’allora presidente dell’Associazione internazionale di bioetica, Peter Singer, assertore del principio per cui è da considerarsi persona solo chi è cosciente: «La gente ha abbastanza buon senso da capire che i “morti cerebrali” non sono veramente morti. La morte cerebrale non è altro che una comoda finzione. Fu proposta e accettata perché rendeva possibile il procacciamento di organi». Molteplici studi convergono sul fatto che solo il 10 per cento delle funzioni encefaliche è stato sinora esplorato. Più ottimista, il professor Enzo Soresi, autore de Il cervello anarchico (Utet), di recente mi ha detto: «Sul piano anatomico e biologico sappiamo intorno al 70 per cento. Ma sulla coscienza? Qui si apre il mondo».

Pagina  1 – 2

QUEI DUBBI SULLA MORTE…ultima modifica: 2008-09-04T14:33:01+02:00da ritina5
Reposta per primo quest’articolo

Un pensiero su “QUEI DUBBI SULLA MORTE…

  1. ma perchè possono prendere a un tizio incognito gli organi mentre è in coma senza chiedere il permesso ai parenti o giù di lì?

I commenti sono chiusi.