CHE SGOMENTO, LA VITA DECISA NEI TRIBUNALI

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I progressi della scienza ci portano ad affrontare problemi etici fino a pochi anni fa impensabili. Se avessi detto a mio nonno, nato nell’Ottocento e sopravvissuto a due guerre mondiali, che avrebbe potuto decidere, con l’aiuto di un atto notarile, in che modo morire penso onestamente che sarebbe inorridito. Come si fa a decidere prima una cosa di una gravità e di una complessità del genere? Certo, nessun essere umano sano di mente augura a se stesso e ai suoi cari di vivere in stato di incoscienza per anni o di dipendere dal funzionamento di una macchina. Ma una cosa è avere un timore, un’altra affrontare la realtà, quando si presenta.

Se capitasse a me, ad esempio, magari in quel momento vedrò lo sguardo della persona che amo e capirò che voglio continuare a vederlo o forse proverò curiosità per questa nuova fase della mia vita che si sta aprendo, un po’ come se visitassi una terra inesplorata. Oppure sarò sola, disperata, nessuno risponderà alla mia tristezza allora, certo, vorrò porre fine ai miei giorni. Ma come faccio a saperlo adesso, a decidere in un momento così lontano e così diverso? E se poi questa mia scelta autorizzasse qualcun altro a decidere per me? Contrariamente a quanto ci viene continuamente ripetuto, io penso che sappiamo ancora pochissimo sulla vita, su quello che c’è nella nostra mente, nel nostro corpo e che questo senso di ignoranza debba condurre al massimo timore, al massimo rispetto.

Nessuno di noi sa cosa provi veramente Eluana, nella sua attuale condizione, come non sappiamo perché le sia successo questo incidente, che senso abbia nella sua vita e in quella dei suoi genitori né perché il suo corpo continui ad essere così straordinariamente vitale. Questa vicenda provoca in me un senso di dolorosa compassione. Compassione per la sofferenza dei genitori, per quanto abbia dovuto soffrire – e per quanto ancora avrà da soffrire – la loro figlia; compassione per le suore che, per tanti anni e con tanto amore, si sono prese cura di lei. Ma oltre alla compassione, provo anche un senso di gelo e di sgomento perché l’idea che un tribunale non penale possa decidere della vita di un essere umano è qualcosa che esula dalla mia visione del mondo.

Sono profondamente contraria all’accanimento terapeutico, quando ci sono delle malattie devastanti e progressive, ma un tumore o una malattia metabolica sono ben diverse da uno stato vegetativo. Una delle cose che più mi sorprende, di questi nostri tempi, è la grande quantità di certezze che ci vengono proposte come verità assolute. L’uomo, ci viene ripetuto da più parti, ha una sola dimensione – quella razionale – e tramite questa razionalità è in grado di determinare ogni istante della sua vita in modo che l’imprevisto, quest’ospite scomodo e inquietante, scompaia definitivamente dall’orizzonte.

La vita che ci preparano i devoti della razionalità è una vita di estrema tristezza, dominata dall’ansia e dalla paura, una vita segnata dal continuo ricorso ai tribunali per avere una qualche certezza di essere nel giusto. Una vita, insomma, in cui l’uomo non è che una cosa tra le cose. Se vado in un negozio, infatti, non compro certo un oggetto guasto o scaduto e, se per caso mi capita di farlo, lo porto indietro, chiedendo un rimborso. L’essere cosa tra le cose ci porta a chiedere la perfezione, a bandire dal nostro orizzonte l’imprevisto della malattia, del dolore, lo spettro della morte. Sgombrato infatti il campo dalla necessità di interrogarsi sul mistero che avvolge le cose – perché il mistero non esiste, in quanto non provabile scientificamente – non rimane che appellarsi alla legge degli uomini, invocare una sentenza che confermi la correttezza del nostro sentire. Il tribunale è diventato il cuore attorno a cui ruota la nostra civiltà. La vita è, alla fine, un’avventura amara e, siccome non abbiamo chiesto di venire al mondo e non ne capiamo il senso, abbiamo il diritto di essere risarciti fino alle più piccole contrarietà che ci capitano.

Pagina  1 – 2  Susanna Tamaro – Il Giornale

CHE SGOMENTO, LA VITA DECISA NEI TRIBUNALIultima modifica: 2008-11-19T11:36:34+01:00da ritina5
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