IL MARTIRIO DI GIUSEPPE

di Paolo Sottopietra 18/03/2009

Accostare la figura di san Giuseppe alla parola “martirio” può suonare inusuale. La sua figura, avvolta nel silenzio, è così diversa da quella che esce dal fiume di parole che ci portano la passione di san Paolo, una vita fatta di azione, di riflessione gridata ad alta voce, scossa dagli affetti e conclusa da una morte cruenta. Che cosa ha a che fare tutto questo con la riservatezza di san Giuseppe?

Il martirio di Giuseppe fu anzitutto il martirio della decisione.
Tutto è condensato nel primo capitolo del vangelo di Matteo. Ma bisogna leggere anche Luca, per avere un quadro completo di ciò che accadde. Maria è tornata a Nazaret, dopo aver accompagnato negli ultimi tre mesi di gravidanza la cugina Elisabetta. Lei stessa è ormai al terzo mese. Matteo inquadra Giuseppe mentre “sta riflettendo a queste cose” e il primo verbo che usa per descriverne l’azione è: “decise”. “Decise di ripudiarla in segreto”.
Da che cosa fu mossa quella decisione? Non dall’umiliazione. Quel sentimento era in lui bloccato dall’intuizione del cuore di Maria. La amava e la conosceva. L’evidenza della sua persona era ai suoi occhi come una sorta di barriera luminosa, che impediva alla sensazione cocente della delusione di affacciarsi. Giuseppe non conobbe amarezza. Nello stesso tempo quella gravidanza era un fatto innegabile.
Quale fu dunque la riflessione di Giuseppe? Non poteva negare il fatto, non volle dubitare dell’innocenza. Questa fu la sua decisione. Le due cose non stavano insieme ed egli rinunciò a ricondurre a ragione ciò che il pensiero umano non poteva abbracciare. Si ritirò dunque di fronte all’incomprensibile. La decisione di Giuseppe fu reverenza di fronte a ciò che non poteva capire. Fu senso del mistero. Fu timore di Dio.
Anche Abramo aveva rinunciato a sciogliere l’enigma. Promessa di una discendenza sterminata, sacrificio dell’unico suo figlio. Abramo si limitò a riconoscere che quel ragazzo non era suo. Ma la mano che alzava la lama su di lui fu fermata dall’angelo inviato da Dio. Giuseppe temette di prendere Maria in casa sua. Temette che non fosse la volontà di Dio e decise tra sé il suo sacrificio. Anch’egli rinunciò a sciogliere l’enigma, si rimise a Dio. Fu la resa della disponibilità, totale. E anche a lui venne inviato un angelo, a spiegare l’inspiegabile. “Non temere, Giuseppe”. Egli allora decise di nuovo. Lasciò scombinare i suoi buoni piani, i piani di un uomo “giusto”. «Destatosi dal sonno», fece come l’angelo gli aveva indicato. Decise di accettare il martirio silenzioso della verginità.

Il suo martirio fu poi il martirio dell’incertezza.
I ripetuti interventi dell’angelo, dopo la nascita di Gesù, lo costringono ad una mobilità continua. Dopo l’umiliazione della stalla di Betlemme, ci fu quella dei continui spostamenti, della precarietà, della mendicanza, del paese straniero. Non è facile per un uomo non poter provvedere a sua moglie e a suo figlio. E a un profugo è negata proprio la possibilità di farlo. Fu per Giuseppe una nuova scuola di disponibilità, di abbandono. Dovette imparare a pensare la sua vita a partire dall’incarico di custodire quel bambino e sua madre. E basta. Dovette imparare a cercare in questo e solo in questo la sua dignità.
Questo fu per Giuseppe il martirio della povertà.

Infine fu il martirio della responsabilità.
Giuseppe è l’uomo delle decisioni. Egli obbedisce all’angelo e decide, obbedisce a Dio e fa le sue scelte. La prontezza con cui risponde è la nota di questo padre terreno, durante tutta la primissima infanzia di Gesù. Nella responsabilità del decidere Giuseppe esprime se stesso. Ma decidere significa morire. E a Giuseppe non fu risparmiato questo peso.
Questo fu il martirio dell’obbedienza al suo incarico.
È strano, ma di un uomo di cui i vangeli non riferiscono neppure una parola, descrivono però con precisione alcuni sentimenti. Sono sempre frangenti di travaglio. Egli aveva il compito di difendere. Per questo “ebbe paura” di far ritorno nella Giudea di Archelao. Decise per Nazaret, accettando il disagio delle chiacchiere malevole che li avrebbero accolti. Giuseppe aveva il compito di custodire. Ma ci fu un momento in cui temette di aver mancato all’incarico. “Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo”, esplode la Madonna, ritrovando Gesù, dodicenne, dopo tre giorni di disperata ricerca. Angoscia di un padre che ha perso suo figlio, panico di un uomo che si è distratto davanti a Dio.
Questo fu per Giuseppe il martirio quotidiano della vigilanza.

[Nella foto: Jacobis monaci Sermones, vat. graec. 1162, fol. 147r (particolare)].

Dalla Fraternità Sacerdotale di San Carlo Borromeo

IL MARTIRIO DI GIUSEPPEultima modifica: 2009-03-18T23:09:26+01:00da ritina5
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2 pensieri su “IL MARTIRIO DI GIUSEPPE

  1. riflessione molto profonda,Non ci avevo mai pensato.
    quanti martirii ci sono….. in effetti ci vengono richiesti anche nella nostra vita
    se vogliamo seguire Cristo.
    grazie
    ciao
    luisa

  2. Sì, carissima Luisa, è molto profonda, ha colpito anche me. Se guardi bene l’immagine, Giuseppe vorrebbe come “toccare” il Mistero della moglie, comprenderlo… Come vorremmo fare noi ma, il Mistero resta tale, sembra quasi sfuggire. Non possiamo imbrigliarlo nella nostra mentalità limitata e ferita; possiamo solo accoglierlo e obbedirgli. Questa cosa mi mette in pace, una pace lieta e senza pretese. Ciao, grazie di essere passata da me. Un bacione grande grande!

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