Che allegria emanavano i loro occhi, pieni di una speranza di futura gioia!
Alcune erano fidanzate, altre speravano di esserlo presto. Si scambiavano le confidenze e abbassavano la voce in un sussurro se la confidenza era molto riservata o un po’ piccante! C’erano anche le donne più vecchie che, maliziosamente, rivelavano un piccolo particolare della vita a due che le ragazze si accingevano a cominciare; ma piccolo piccolo, tanto per stuzzicare la curiosità…Io non capivo niente ma le fanciulle diventavano tutte rosse e, ridendo, nascondevano il volto nel ricamo.
Ci si raccontava tante storie, i “fattarielli”, come si diceva…
Ero invidiosissima delle loro agili mani, della loro fantasia nel riprodurre sulla stoffa dei fiori magnifici che sulla stoffa diventavano vivi e profumati! Le guardavo con gli occhi sgranati e desiderosi… Qualcuna si impietosiva e mi regalava un pezzetto di stoffa, dopo avervi disegnato con la matita un piccolo fiorellino, e un’altra mi faceva la grazia di qualche filino di cotone da ricamo; impazzivo per il “moulinee”! Davo inizio all’arte e con quale orgoglio presentavo a mia madre, la sera, il mio piccolo capolavoro…
Si lavorava fino al suono del vespero. Al suono delle campane si smetteva e si cantava un inno alla Madonna, prima di rientrare in casa a preparare la cena.
Ancora adesso, mi capita di cantare quell’inno, ne ricordo poche parole ma hanno il potere di riportarmi indietro nel tempo, di farmi riascoltare quelle voci, quei suoni, quei profumi…
Il canto cominciava così:
“Odo suonar la squilla della sera
Che dolcemente ci invita alla preghiera,
per salutar la cara Madre mia
Ave Maria, Ave Maria…”
Che nostalgia, di quando i rapporti erano semplici e veri, quando si era felici delle povere, piccole cose quotidiane!