Anche in politica i cattolici usano la ragione

Verso il 13 aprile

Anche in campo politico i cattolici sono chiamati ad usare la ragione e ad avere uno sguardo pieno di realismo sulla situazione.
Usare la ragione significa tener conto di tutti i fattori in gioco. Devono, per esempio, prendere definitivamente atto che non esiste più un grande contenitore politico come la Democrazia Cristiana a cui affidare la propria rappresentanza in nome della condivisione di alcuni valori ideali. Devono anche ricordarsi che l’esperienza storica della Dc, specialmente negli ultimi vent’anni della sua esistenza, non ha regalato grandi soddisfazioni ai cattolici. Per esempio: iniziative concrete a sostegno della famiglia non si sono mai viste; la libertà di scelta educativa delle famiglie era un tabù intoccabile. E si potrebbe continuare con altri esempi. La Dc, così come l’abbiamo conosciuta, pregi e difetti, non ci sarà più. Nemmeno nella forma lillipuziana delle tante schegge, più o meno impazzite, che pretendono di richiamarsi a quella tradizione.
Realismo significa guardare senza pregiudizi alla trasformazione del sistema politico a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane. È nato il Partito Democratico in cui sono confluiti gli ex comunisti e gli ex esponenti della sinistra democristiana. Questo partito, visto il fallimento della coalizione di centro-sinistra che pretendeva di tenere insieme Mastella e Luxuria in nome dell’odio a Berlusconi, non ha potuto fare altro che decidere di correre da solo. Una scelta imposta dalla necessità di riacquistare credibilità e non essere identificato solo come il partito di Prodi.
Fortunatamente dall’altra parte si è risposto a questa novità ridando impulso al progetto di un partito unico dei moderati che si riconosce nelle linee del Partito Popolare Europeo. Fortunatamente, perché se si rimane indifferenti di fronti alle novità si è destinati a perire.
È sotto i nostri occhi che si sta passando da un bipolarismo selvaggio, basato sul potere di ricatto dei partiti piccoli o/e estremisti, ad un bipartitismo con due soggetti politici capaci di aggregare, ciascuno nel proprio campo, la maggioranza dell’elettorato.
I cattolici devono fare i conti con questa realtà ed agire di conseguenza. Devono avere ben chiare le domande che la loro esperienza umana pone alla politica e verificare quale soggetto politico è in grado di dare, se non risposte esaurienti, almeno le più credibili e attendibili. Si possono individuare tre grandi questioni: i temi eticamente sensibili, i grandi valori non negoziabili (famiglia, rispetto della vita, ecc.; la centralità dell’emergenza educativa che richiede risposte incisive e senza schemi ideologici; l’affronto dei problemi sociali e del welfare a partire dal principio di sussidiarietà. Quest’ultimo principio è più discriminante di quanto non appaia. Spesso settori del mondo cattolico non si accorgono che la loro sensibilità per i poveri e per i temi sociali è utilizzata dalla sinistra, anche da quella che si dice riformista, per riproporre politiche stataliste.
Fa discutere in queste ore il destino dell’Udc, il partito di Casini cui sono venuti meno, da una parte Giovanardi, confluito nel Pdl, dall’altra Tabacci e Baccini che insieme a Pezzotta hanno fondato la Rosa Bianca. E’ meglio che anche ciò che resta dell’Udc confluisca nel grande contenitore berlusconiano o che rimanga un piccolo partito di ispirazione cristiana in cui possa riconoscersi quella parte di elettorato cattolico che è in difficoltà a votare un simbolo con la parola Berlusconi? Il buon senso spinge per un accordo, di qualsiasi natura esso sia e a prescindere dal giudizio, più o meno positivo, che si abbia sul ruolo che l’Udc e alcuni suoi esponenti (o ex) hanno avuto in questi ultimi anni. Non è solo un problema di vittoria elettorale (per chi la auspica).
C’è piuttosto l’esigenza che nel nuovo Pdl, o nell’alleanza di centrodestra, ci sia una forte e combattiva presenza di cattolici capaci di influenzarne le scelte nelle direzioni prima indicate. È interessante notare che il problema del mantenimento di un partito di ispirazione cristiana non sia stato sollevato quando i cattolici della Margherita sono confluiti nel Pd. C’era forse il retropensiero che, a parte qualche combattivo personaggio, quella formazione politica non fosse rappresentativa più di tanto della dottrina sociale cattolica? Si ritiene che quello scioglimento non pregiudichi alcuna presenza cristiana in politica? C’è la consapevolezza che dallo schieramento di centrosinistra non ci si può comunque aspettare niente di interessante per i cattolici?
Se così fosse, sarebbe interessante che il retropensiero fosse esplicitato. Sarebbe un prezioso contributo alla chiarezza

Valerio Lessi socio di SamizdatOnLine

Anche in politica i cattolici usano la ragioneultima modifica: 2008-02-12T00:42:31+01:00da ritina5
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2 pensieri su “Anche in politica i cattolici usano la ragione

  1. Ho già avuto modo di commentare questo post che mette in risalto il difficile momento storico in cui ciascuno è chiamato a dare la propria scelta. Troppi problemi attanagliano il nostro problema, e troppi sono stati volutamente lasciati nel dimenticatoio. Il lavoro, i giovani, la famiglia, gli anziani, gli extracomunitari, tutti soggetti che necessitano di una nuova attenzione…vorrei a questo proposito consigliare la consultazione del sito http://www.benecomune.net dove numerosi professori, scienziati, giuristi si interrogano su questo aspetti, rifacendosi sempre al bene comune indicato dalla dottrina sociale della Chiesa.

  2. Grazie Alessandro, interessante il sito ” benecomune “, infatti vi ho linkato nei miei preferiti e vi visito spesso. Buon lavoro! Ciao

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