L’UOMO CHE FU GIOVEDì

http://img2.libreriauniversitaria.it/BIT/951/9788845259517g.jpg

“L’uomo che fu giovedì” tocca corde molto profonde, che non sono solo quelle cristiane, ma appartengono a chiunque si sia trovato un giorno a pensare controcorrente. È un romanzo che ha fatto veri e propri miracoli, come nel caso di Dawn Eden, la creatrice di “Sex and the city”, che ha attribuito la sua recente conversione alla lettura di “L’uomo che fu giovedì”. E mette in condizione l’uomo che ha scoperto la fatica di remare controcorrente di capire che altri remano con lui nella stessa direzione apparentemente solitaria. Il libro sembra suggerire che la sensazione di solitudine è un prodotto illusorio di una propaganda che tende a mostrare ogni pensiero non allineato come reazionario e infantile. Per questo sembra scritto oggi.

Nel 1908 il romanzo era una risposta alle sollecitazioni che provenivano da Oscar Wilde e George Bernard Shaw (altri “nemici” da battere erano Nietzsche, gli anarchici, i marxisti). Ma “L’uomo che fu giovedì” è in pratica la proposta di un cristianesimo non come religione pacificata e benpensante, bensì come testimonianza radicale del dolore e del sacrificio. È una tesi mirata a togliere terreno sotto i piedi dell’anarchismo e del marxismo, i cui esponenti attaccavano la religione come consolazione per far dimenticare i problemi della classe operaia. Ma “L’uomo che fu giovedì” non è una trattazione filosofica o saggistica (argomenti che Chesterton tentò con “Ortodossia”, nel 1908 e “The everlasting Man”, 1925), sebbene una favola moderna, in cui i concetti sono espressi sotto forma di allegoria e di parabola, nella migliore tradizione della letteratura cristiana ma anche del giallo classico e della storia meta-temporale di Dick: un poliziotto-filosofo si infiltra in un segretissimo gruppo di dinamitardi anarchici, guidati dal feroce Domenica (tutti i membri dell’accolita portano il nome di un giorno della settimana), e sperimenta per la prima volta il Getsemani, cioè il terrore e la solitudine estrema, agnello tra lupi pronti a scannarlo.

Lo scioglimento dell’azione si rivela uno dei più commossi epiloghi della narrativa del Novecento. Domenica afferma, dopo aver accolto i suoi inseguitori in uno splendido giardino, «Io sono il giorno del riposo. Io sono la pace di Dio». I poliziotti allibiti capiscono che l’avventura ha significato per loro la conoscenza del vero cristianesimo: il Venerdì Santo prima della Pasqua di risurrezione. Dio li ha costretti a lottare, a sentirsi soli e perduti prima di mostrare loro la sua pace.

“L’uomo che fu giovedì”, di G. K. Chesterton, pp. 227

L’UOMO CHE FU GIOVEDìultima modifica: 2008-07-07T21:16:37+02:00da ritina5
Reposta per primo quest’articolo