INTOLLERANZA ALLA ROVESCIA

 

 

 

 

Il consiglio di amministrazione del Museion di Bolzano ha deciso che, nonostante le proteste di molti cattolici e una richiesta del Papa in persona, la «rana crocefissa» dell’artista tedesco Martin Kippenberger resterà dov’è, cioè esposta alla mostra che si chiuderà il 21 settembre. Per singolare coincidenza, la decisione segue di poche ore il quasi-licenziamento (scampato solo all’ultimo momento) del custode di un altro museo, Ca’ Rezzonico di Venezia, colpevole di aver impedito l’ingresso a una donna musulmana resa irriconoscibile dal velo.

Quando il povero custode (povero perché è stato seppellito dalle critiche e s’è perfino preso dello stupido dal sindaco di Venezia, Cacciari) è finito in prima pagina su tutti i giornali per la sua irremovibilità nell’applicare il regolamento, qualcuno ha parlato di «spirito dei tempi». Lo spirito dei tempi sarebbe l’islamofobia, o più in generale la xenofobia e il razzismo imperanti in questa Italia di leghisti e di fascisti.
È possibilissimo che ci sia un diffuso sentimento di ostilità nei confronti degli stranieri e dei musulmani in particolare, ed è senz’altro vero che una società moderna e matura (ma più in generale ogni società di ogni tempo) deve sapere accogliere chi viene da oltre confine e capire che le diversità possono arricchire. E poi il mondo è proprietà di tutti (o di nessuno: è la stessa cosa).
Tuttavia, «spirito dei tempi» è anche – e forse soprattutto – quello che ben è stato rappresentato dalle due diverse reazioni dei musei di Venezia e di Bolzano. Nel primo caso ha prevalso la difesa della libertà di espressione e di culto: se la donna si vuol vestire così per una scelta religiosa è liberissima di farlo, si è detto. Nel secondo caso ha prevalso la difesa della laicità: la religione non deve mettere becco nell’arte.
Credo che la «rana crocefissa», sulla cui qualità artistica non mi esprimo anche se mi pare identica alle sorpresine dell’ovetto Kinder, debba restare dov’è: esposta al giudizio dei visitatori del museo. Lo credo soprattutto perché una sua rimozione non farebbe che il gioco dell’autore, un perfetto sconosciuto che ha ottenuto facile pubblicità seguendo una tattica stra-abusata, quella di creare il caso per passare poi da vittima dell’oscurantismo clericale. Non auspico alcuna censura, quindi, e anzi i cattolici farebbero meglio a non protestare per non prolungare lo spot.
Ma credo anche che nessuna persona di buon senso, e di retta coscienza, possa fare a meno di notare l’evidente differenza tra i casi di Bolzano e di Venezia. A Bolzano s’è esposta un’opera che i cattolici hanno ritenuto offensiva, ma dei loro sentimenti non è fregato niente a nessuno. A Venezia il custode ha semplicemente applicato non solo il regolamento del museo, ma anche due leggi dello Stato (la seconda delle quali confermata da referendum popolare) che impedisce a chiunque di circolare completamente travisati. Si badi bene: nella decisione del custode di Venezia non c’era nulla di religioso; solo un’esigenza di ordine pubblico. Per lo stesso motivo, nessuno sarebbe potuto entrare nel museo con un passamontagna o un casco integrale.

Pagina  1 – 2  Michele Brambilla – Il Giornale

INTOLLERANZA ALLA ROVESCIAultima modifica: 2008-08-30T09:59:53+02:00da ritina5
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3 pensieri su “INTOLLERANZA ALLA ROVESCIA

  1. La rana crocefissa non merita nemmeno il nome di opera d’arte. Non perché blasfema, ma perché brutta e sopratutto perché risponde a una logica talmente banale da essere non so se più noiosa o più ridicola. Bene hanno fatto (dal loro punto di vista) i cattolici a protestare, bene ha fatto la direttrice a non rimuoverla, anche per non creare un precedente: se dovessimo tener conto di tutte le “sensibilità” ferite, considerando poi quanto vaga e variabile sia una cosa come la sensibilità. Meglio ancora avrebbe fatto a non esporla del tutto, ma principalmente per il suo valore artistico nullo.

    Ed è falsa la storia dell’intolleranza al contrario. Gran parte delle opere “provocatorie” contro l’islam rispondono alla stessa identica logica della rana crocefissa. Gli esempi non si contano. Certo è vero che gli islamici sono molto più suscettibili di noi su cose come queste. Ma cosa vogliamo? Che anche i cattolici diventino integralisti e intolleranti, o che anche i musulmani diventino un po’ più secolarizzati e agnostici?

  2. Daccordo con te sulla bruttezza e insignificanza dell'”opera d’arte”. Credo che Brambilla voglia far rilevare la nostra sudditanza psicologica nei confronti degli islamici; con la tanto sbandierata tolleranzadiventiamo intolleranti verso noi stessi, se non stiamo attenti…

  3. Mi sfugge un punto: se è brutta e soprattutto “insignificante”, qual è il problema? Delle cose insignificanti non ci si cura, tanto più se sono brutte: o no? Se invece si sollevano polveroni, vuol dire che qualche suscettibilità è stata urtata.

    Quanto all’islam, ripeto: non credo minimamente alle favolette intolleranti e xenofobe alla Oriana Fallaci. Dove sia la nostra sudditanza psicologica verso gli islamici non saprei: a Milano questi poveretti, che vogliono solo pregare il loro Dio (che è anche il tuo, non dimenticarlo) vengono schifati e respinti da tutti e gli unici a difenderli sono certi ambienti della Chiesa. L’apertura di una moschea viene accolta con spargimenti di sterco di maiale (il che è molto più blasfemo di una rana in croce: questa viene esposta in un museo, non in una chiesa!) o come se si trattasse dell’apertura di una discarica di scorie nucleari.

    Non mi ripondere, perché lo sento ripetere fino alla nausea, il luogo comune sulle moschee come focolai di terrorismo! Se ne parla ormai come un dato di fatto quando invece è un’emerita fregnaccia.
    La storia italiana degli ultimi quindici anni dimostra ampiamente che se c’è qualcuno discriminato e maltrattato, questi sono gli islamici.

    Sotto il generico nome di islamici noi raggruppiamo, senza conoscerle, gente diversissima, la stragrandissima maggioranza della quale è fatta da brave persone, culturalmente lontane da noi ma pacifiche e tolleranti e niente affatto violente. Quello che oggi noi pensiamo dei musulmani (su come trattano le done, per esempio) lo pensavano una volta i torinesi dei contadini del Cilento: questo dovrebbe farti riflettere.
    E dovrebbe farti riflettere anche il fatto che un musulmano che prega verso la Mecca è molto più vicino a una cattolica come te di quanto lo possa essere un”occidentale” come me, che non crede né in Gesù né in Maometto.

    Davvero mi costa molto comprendere cosa significhi “con la tanto sbandierata tolleranza diventiamo intolleranti verso noi stessi”. Cosa vuol dire esattamente?

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