ELUANA COME “LA BRECCIA DI PORTA PIA”

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Siamo sicuri che l’obiettivo di chi ha spalleggiato Beppino Englaro sia stato quello di «liberare Eluana»? Che sia stato un gesto di pietà?
Una risposta interessante viene da un libro appena uscito che s’intitola «Il caso Eluana Englaro» (editore Pendragon, 244 pagine, 13 euro), scritto da Maurizio Mori, professore di Bioetica all’Università di Torino e presidente della Consulta di bioetica onlus. Il libro ha la prefazione di Beppino Englaro, il quale scrive che proprio grazie a Mori lui e la moglie hanno potuto «trovare un senso agli eventi che si succedevano». Che non si tratti di un testo medico, lo dice lo stesso Englaro, il quale lo definisce ben due volte «una riflessione filosofica». E allora vediamo qual è la filosofia che ha ispirato il professor Mori.
Già il sottotitolo, in copertina, lascia capire dove si vuole andare a parare: il caso di Eluana Englaro è definito «la Porta Pia del vitalismo ippocratico», ovvero «perché è moralmente giusto sospendere ogni intervento».
Se dalla copertina passiamo all’interno, tutto viene immediatamente chiarito. L’alimentazione e l’idratazione vanno sospese per il bene di Eluana? Per far cessare un’atroce sofferenza? Sembra di no, visto che il professor Mori scrive: «Più che di per sé (di persone ne muoiono tante, anche in situazioni ben peggiori), il caso Eluana è importante per il suo significato simbolico. Da questo punto di vista è l’analogo del caso creatosi con la breccia di Porta Pia attraverso cui il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono nella Roma papalina». L’obiettivo comincia a ben delinearsi, dunque. Continua Mori: «Come Porta Pia è importante non tanto come azione militare quanto come atto simbolico che ha posto fine al potere temporale dei papi e alla concezione sacrale del potere politico, così il caso Eluana apre una breccia che pone fine al potere (medico e religioso) sui corpi delle persone e (soprattutto) alla concezione sacrale della vita umana».
Prosegue Mori: «Sospendere l’alimentazione e l’idratazione artificiali implica abbattere una concezione dell’umanità e cambiare l’idea di vita e di morte ricevuta dalla tradizione millenaria che affonda le radici nell’ippocratismo e anche prima nella visione dell’homo religiosus, per affermarne una nuova da costruire».
E ancora: «Come Porta Pia segna la fine del papa re e di un paradigma del ruolo sacrale della religione in politica, gettando le basi di un’aurorale democrazia in Italia, così il caso Eluana segna la fine (sul piano teorico) del paternalismo in medicina e di un paradigma medico fondato sul vitalismo ippocratico, gettando le basi di un aurorale controllo della propria vita da parte delle persone».
Insomma Eluana usata per aprire una nuova breccia di Porta Pia. La vittoria pare certa: «Se vale l’analogia, allora si può anche azzardare una previsione: è facile che, prima o poi, anche sulla “breccia di Eluana” ci sarà la conciliazione», leggiamo nel libro. Si spiega che «i cattolici romani» dopo il periodo di scontro «verranno dapprima a più miti consigli e poi, forse, anche a riconoscere che l’autodeterminazione sulla vita è centrale per la realizzazione personale. Può darsi anche che in qualche modo riconosceranno di avere sbagliato». Insomma finirà con la Chiesa che alza bandiera bianca.

Pagina  1 – 2   Michele Brambilla – Il Giornale

ELUANA COME “LA BRECCIA DI PORTA PIA”ultima modifica: 2009-02-12T11:02:50+01:00da ritina5
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9 pensieri su “ELUANA COME “LA BRECCIA DI PORTA PIA”

  1. Credo che tanta gente come me e come te, Rita, non ne avesse dubbio: era la breccia di Porta Pia, il cavallo di Troia, una testa di ponte… le analogie fiorivano.

    Ma che lo riconoscano anche loro!
    Vuol dire che si sentono proprio la vittoria in pugno…
    Hai presente quando una squadra vince 3-0 e allora, per l’eccesso di sicurezza, comincia a fare passaggi all’indietro e altre imprudenze?

    Poveretti… non sanno che per noi gioca lo Spirito Santo. Noi dobbiamo solo assecondare i suoi “assist”, i suoi suggerimenti.

    Ciao Rita!!

  2. Io credo invece che la cosiddetta riflessione filosofica, fatta peraltro da un professore e non dal padre stesso, con l’attribuzione di un valore simbolico alla vicenda di Eluana, sia posteriore alla decisione del padre di far rispettare la volontà della figlia (incerta fin che si vuole, ma questo è un altro discorso – c’è stato un apposito processo in merito). In sostanza: prima viene la concretissima e umanissima decisione (criticabile fin che si vuole -ma anche questo è un altro discorso) di non tenere artificialmente in vita il “cadavere vivente” della figlia, poi la riflessione filosofica e simbolica. O, se si vuole, ideologica. Con una avvertenza: tutti usano come un insulto questa parola, ma guardate che non c’è nulla di male ad avere un’ideologia…
    Anche voi ne avete una, che magari chiamate in altro modo. E’ molto meno facile di quello che credete distinguere chi adegua la vita all’ideologia e chi adegua l’idologia alla vita… in realtà facciamo tutti entrambe le cose, così spesso che le due cose si confondono. E non c’è nulla di male in tutto ciò.

  3. Nessun insulto alla parola “ideologia”; anche i credenti hanno la loro. Il problema sorge quando su un’idea astratta si fonda la vita e si legifera anche, pretendendo l’adeguamento popolare, stravolgendo totalmente la realtà. La signora Englaro non era una zombie, caro Guido, nessuno sa quale era veramente il suo misterioso stato di coscienza, neanche i luminari che hanno pontificato in tv e sui giornali.

    Carissimo OrsoB. il campionato è ancora lungo, per restare in tema calcistico, gli assist sono ottimi ma i nostri attaccanti sono leggermente scarsi in preparazione atletica; le strategie non si fanno a tavolino ma sul campo (per tornare all’ideologia…). Un abbraccio a entrambi!

  4. Ho già detto varie volte che le ragioni di chi difendeva l’alimentazione forzata di Eluana Englaro erano più che comprensibili. Ma sono comprensibili anche le ragioni opposte. Qui sta il dramma, che la verità non sta in mezzo. La verità sta contemporaneamente in due punti opposti, qui sta il paradosso che fa vacillare la ragione. Non è che gli “schieramenti” hanno entrambi una parte di verità e una parte di ragione: hanno entrambi pienamente ragione, il che, come ho già detto varie volte, equivale a dire che hanno tutti torto. Se non si comprende questo punto non se ne esce.

    Entrambe le posizioni sono portatrici di numerosissime ed esplosive contraddizioni interne. Entrambe assolutizzano due valori astratti (la vita, la libertà) che tra l’altro non esistono l’uno senza l’altro. Dal punto di vista meramente giuridico lascia perplesso anche me che il distacco del sondino si possa basare su una manifestazione della volontà così difficilmente ricostruibile: ma è proprio per questo che ha senso una legge sul testamento biologico, fatta con calma e senza isterie. (E comunque, per il caso specifico, ci sono le sentenze dei tribunali, in cui hanno vinto le ragioni della famiglia Englaro: può non piacere, ma sono le regole della democrazia. Non si può criticarle solo perché non hanno vinto le nostre ragioni.)

    Poi, possiamo discutere all’infinito se la somministrazione via sondino di nutrienti (cioè preparati chimici) e non di cibo vero e proprio sia alimentazione o terapia: io francamente non ho un’opinione precisa e credo che su questione tecniche come queste molti parlino per partito preso. Per esempio, parlare di morte per “fame” e per “sete”, che sono sensazioni e non dati fisiologici oggettivi, solo come espediente retorico: il coprpo inerte di Eluana non reagiva agli stimoli, ed è del tutto improbabile che si possa parlare di fame e di sete, e più in generale di “sofferenza” fisica, per il distacco del sondino. Ma di queste cose, mi rendo conto, è giusto discutere.

    Di sicuro quel che non possiamo fare è apostrofare gli altri, come fa Thomas, come “aguzzini” (ancora una volta, le parole usate come pietre senza riflettere sul loro vero significato: consiglio a Thomas una scorsa del vocabolario alla voce “aguzzino”). Ma non possiamo fare nemmeno come il giudice che Thomas cita, che parla di “uccsione” dando per scontato proprio ciò che è in discussione, ossia che il distacco del sondino sia omicidio. Capisco che ciò sia irritante per chi ha certezze granitiche, ma gli enormi progressi della tecnica medica hanno cambiato il senso comune sulla vita e sulla morte, sul momento esatto in cui inizia una e cominicia l’altra, sull’esatto significato dell’uno e dell’altra. Se fosse così evidente non ci sarebbe tutto questo dibattito sugli embrioni come sull’accanimento terapeutico, mi pare ovvio.

    Naturalmente una contraddizione enorme in cui incoccia la dottrina della Chiesa è sul concetto di naturalità, che i progressi della medicina rischiano di far scomparire quasi del tutto. E’ naturale o contronatura prendere un antibiotico? E fare un trapianto di cuore? E’ contronatura la fecondazione assistita o il voto di castità? E’ contronatura che un monco porti una protesi ortopedica? E’ contronatura rattrappire all’infinito attaccati a un sondino o andarsene al creatore al momento giusto, e qual è il momento giusto? Sono questioni profondissime che non si possono discutere in modo demagogico, accusando sistematicamente gli altri di barbarie e di essere “cultori della morte” (sic). La tecnica medica (genetica in particolare) permette cose impensabili un tempo ed ovvio che ciò susciti preoccupazioni sulla natura dell’uomo: anch’io mi chiedo che fine farà l’identità personale il giorno in cui potremmo cambiare volto o cervello come ci cambiamo d’abito, o in cui la clonazione sarà realtà. I progressi tecnologici sono così impetuosi che rischiamo di non saperli controllare a dovere: ma quel che fin da ora dobbiamo cominciare a capire è che la possibilità per un uomo di cambiare sesso, piuttosto che vedere il mondo con occhi trapiantati, piuttosto che di rimanere attaccato a un sondino o a un polmone artificiale per vent’anni sono tutti egualmente e indistintamente forme dello stesso fenomeno di distaccamento dell’uomo dal suo stato naturale. Anni fa un uomo sarebbe rimasto uomo, una cieco non avrebbe mai visto la luce, un’Eluana sarebbe morta poche ore dopo l’incidente.

  5. Nella storia di Eluana non posso non vedere la sorte di oggi della chiesa. La chiesa viene tenuta in vita artificialmente in maniera quasi commovente da BenedettoXVI, padre Livio e tutti coloro che non vogliono saperne del ritorno del Signore dal momento che in questo mondo ci si trovano molto bene.
    Ma la chiesa è morta come sta scritto che debba morire…come sta scritto che debba seguire il suo Signore nella sua morte e risurrezione…vergini addormentate svegliatevi e andate incontro allo sposo…

    http://www.youtube.com/watch?v=Z5DBpOLp9Uk

  6. caro Guido il sonoro del mio video sarà anche terribile ma si capisce bene quello che voglio dire…il vero problema sono il cuore duro e le orecchie turate di chi ascolta…e poi come diceva spesso il Signore…”chi ha orecchi per intendere, intenda”…

  7. Nessuno può mettersi al posto di Dio, nemmeno gli atei.
    Ma che nessuno possa giudicare questo caso, è l’idiozia più grande che si possa sentire.
    Come idiozia è la parola rispetto, non per la vittima, ma per chi l’ha uccisa.

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