Che cosa si intende per “ricostruire il paese”

Le centomila sottilissime differenze che passano tra Campania e Lombardia

Se vivessimo in un paese normale e noi pennivendoli non fossimo così cinici da preferire il teatrino dei pupi alla realtà dei fatti, per offrire un’informazione corretta al voto, basterebbe dare ai cittadini l’opportunità di riflettere sui tredici anni di governo prodian-veltronian-bertinottiano in Campania e i tredici anni di governo berlusconian-formigonian-bossiano in Lombardia. Il confronto ci sta tutto perché Campania e Lombardia sono le due più grandi e popolose regioni italiane non a statuto speciale. E sono il simbolo di due modi opposti di governare. Quello statalista e assistenzialista che ha le mani nelle casse dello Stato. E quello liberale e sussidiario che dà allo Stato più di quanto dallo Stato riceva (cfr. Luca Ricolfi, Ostaggi dello Stato). Basterebbe guardare ai risultati ottenuti dal “Rinascimento bassoliniano” (come l’ha definito per anni la stampa di regime) e confrontarli con la normale amministrazione della Lombardia di Formigoni. Passare in rassegna le strade, le scuole, gli ospedali e i cantieri campani. E poi farsi un giretto per le strade, le scuole, gli ospedali e i cantieri della Lombardia. Che non saranno perfetti, ma sono sempre meglio di quelli assistiti dal club degli editori riuniti (costruttori, banchieri, finanzieri) nella Grande Stampa. Oggi, nonostante i tremendi anni di Tangentopoli (quando a Milano non lavoravano più neanche i tassisti, mentre tra Torino e Bologna, tra Roma e Napoli, tutto procedeva nella massima laboriosità, onestà e trasparenza), la Lombardia ha rialzato la testa e guida a testa alta quel che resta dell’Italia devastata dalla magistratura politicizzata e dagli ex boiardi Iri. Dunque, specie oggi che il paese non ha bisogno di figurine Panini ma di essere ricostruito da cima a fondo, bisogna provare a farla questa riflessione seria sul Centro-Sud governato dalla sinistra e il lombardo-veneto governato dai cosiddetti berluscones. E non c’è bisogno di grandi statistiche. Lo si percepisce a occhio il divario tra Europa e Africa.