ELOGIO (PER UNA VOLTA) DELL’IMPERFEZIONE

“Ero cieco o sordo o mi serviva necessariamente la luce dell’infermità per vedere la mia vera natura?”. Le parole sono di un altro film, ma potrebbero benissimo essere state pronunciate in questo. Come “Lo scafandro e la farfalla”, anche “NoBody’s perfect”, infatti, seppur con un approccio e uno stile radicalmente diversi, pone lo spettatore di fronte all’angoscioso tormento tipico dell’uomo-postmoderno, inorridito dall’imperfezione e dalla malattia.

Uscito appena tre giorni fa nei cinema tedeschi, il documentario, nato da una coproduzione tra Palladio Film e Westdeutscher Rundfunk (WDR), fa già abbondantemente parlare di sé all’estero. La vicenda prende le mosse da un tragico episodio di cronaca che sconvolse la Germania e il mondo intero alla fine degli anni ’50, quando cioè l’industria farmaceutica Grünenthal mise in commercio il famoso Contergan, medicinale destinato ad essere assunto come sedativo e anti-nausea da donne incinte. Le caratteristiche del farmaco, più noto con il nome del suo principio attivo, il talidomide, non erano però state sufficientemente studiate e il risultato fu che circa 10.000 bambini in tutta Europa (5000 nella sola Repubblica federale) nacquero con gravissime malformazioni agli arti, alcuni di loro addirittura senza braccia o senza gambe. Solo nel 1961 il Contergan venne ritirato dal mercato e l’impresa, i cui vertici non furono tuttavia riconosciuti colpevoli nel processo istruito nei loro confronti, fu comunque costretta al risarcimento delle vittime.

A cinquant’anni da quei fatti, il regista Niko von Glasow, anch’esso sfigurato dal talidomide, ha deciso di mettere in scena la storia di dodici sopravvissuti, proponendo loro di posare nudi per una mostra fotografica. Dalla realizzazione di questo insolito e provocatorio calendario erotico, è nato un lungometraggio di circa 90 minuti che, in totale controtendenza con le pellicole del genere, rinuncia alla vocazione di reportage di inchiesta, preferendo invece svelare al mondo l’estrema dignità di persone che, pur menomate in parti fondamentali del proprio corpo, sono cionondimeno riuscite a dare un senso alla propria vita e a trovare il modo per gioirne.

Intervistato dal quotidiano Die Welt, Von Glasow ha parlato della sua pellicola come di un messaggio sulla bellezza dell’imperfezione: “Durante tutta la giornata io non mi sento affatto un portatore di handicap. – ha detto con candore – Lo sono solo qualche minuto al giorno… D’altronde quante volte nella Sua giornata Lei riflette sul fatto di essere una donna?”. Con lo stesso dissacrante umorismo e il medesimo gusto per il politicamente scorretto con cui in tale circostanza ha risposto alla giornalista, Von Glasow ha così dato voce alle vittime di un errore umano caduto nel dimenticatoio, ormai chiuso nel cassetto dell’indifferenza: “Il pubblico ha finalmente l’occasione per ridere in situazioni che solitamente non lo permetterebbero”,  ha concluso Von Glasow, che oltre alla regia ha voluto partecipare al film come attore. Non si deve a questo punto pensare che l’opera sia un esercizio intellettuale per cinici voyeuristi, che si compiacciono nel vedere il prossimo in condizioni di disagio e sofferenza. Niente di tutto questo. Il film non manca infatti di momenti di estrema delicatezza, dedicati al racconto delle insormontabili difficoltà affrontate dai protagonisti durante la loro esistenza, dal bullismo a scuola, ai pregiudizi sul posto di lavoro, ai gesti di scherno per strada.

Diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare di questi tempi, la tragedia del talidomide non ha insomma ispirato un inno alle virtù taumaturgiche della scienza o alle sue velleità di forgiare l’uomo sano, bensì un  canto sull’irriducibile naturalezza della diversità.

Da L’Occidentale

ELOGIO (PER UNA VOLTA) DELL’IMPERFEZIONEultima modifica: 2008-09-14T13:45:45+02:00da ritina5
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