IL VOTO DI UN COMPAGNO DI RIFONDAZIONE

Il voto di un compagno di Rifondazione

Il Foglio – Venerdì 29 Febbraio 2008

336bisFabiodi: Fabio Cavallari

 “Per la prima volta nella mia vita, perlomeno in uno dei due rami del Parlamento, non voterò a sinistra e se ci saranno manifesti da attaccare, dibattiti e confronti pubblici da affrontare, io sarò lì a fianco della lista pazza di Giuliano Ferrara. E’ necessario che mi spieghi. Fino a qualche anno fa ho portato in giro un certo pregiudizio di classe. Militavo in Rifondazione, spalleggiavo con le aree più radicali del sindacato, manifestavo quando c’era da manifestare e, nella mia città di Luino, avevo costituito insieme ai miei compagni un collettivo allegramente antagonista (non torvo come quelli di Caruso, ma insomma si faceva un bel casino anche noi). Una sera invitammo un amico a parlare di Pasolini e lui ci fece talmente scompisciare dal ridere e, soprattutto, si prese così cordialmente gioco del veltronismo buonista di quel tempo (era il lontano 2002) che, curiosi come eravamo, non potemmo desistere dal rincontrarci. Come veri e genuini cum-panis, passammo interminabili notti, mangiando e discutendo di libertà e lavoro, di uomini e mistero. Niente fu come prima. Che c’entra Giuliano Ferrara con questa storia? C’entra con l’irruzione nella vita di un’amicizia che non mi porta a rinnegare i miei profondi legami con il compagno Bertinotti piuttosto che con l’irriverente Iacchetti. (a proposito sta girando nei concorsi un corto “Sono pazza di te” che lo vede regista, un inno alla vita straordinario). Nessuna abiura quindi ma un’apertura che mi ha permesso di allargare la ragione, di approfondire un’urgenza ideale di giustizia, di non contraddizione, di un mondo più a misura d’uomo che ha sempre segnato la mia avventura personale e in compagnia. Non avrei mai immaginato di trovarmi compagno di strada di una suora di clausura, con cui ho scritto un libro e girato mezza Italia.Fabio Cavallari Suor GloriaMai avrei pensato di darmi al giornalismo o di scrivere storie intorno alla vita quotidiana, come quella di un amico compagno morto in giovane età, del dolore raccolto al suo capezzale, dell’urlo che mi sgorgava in petto vedendolo morire, un urlo e una bestemmia, mentre lui no, lui se ne andava tranquillo, o forse no, ma comunque in pace. Come è potuto accadere? Come può accadere che una strada che tu credi di aver battuto e di continuare a battere sino a che morte verrà, sognando magari di onorarla su una barricata cantando “Bella Ciao”, improvvisamente venga impattata da qualcosa che non saprei definire altro se non come presenza che ti porta là dove non avresti mai immaginato di andare, ma il tuo cuore sì, la tua ragione sì che vede che è bene, giusto, corrispondente a quello che brami, andare di là o, “più in là”? Mistero. Questo Giuliano Ferrara mette in campo: il mistero dell’uomo. Non l’etica, almeno così sento io, del così si fa e così non si fa. Ma la pressione intensa a guardare la realtà sorgiva di tutto, a prendersene cura, farla parlare e farla cantare, farla proteggere e farla durare. Il mistero dell’inizio. L’inizio della vita e l’inizio del suo durare. In effetti, battersi per la vita significa anche battersi per il suo significato, perché non si può vivere senza lotta per il significato. E certo, questa battaglia all’indifferenza morale, questa battaglia per la libertà di non abortire la sento anzitutto come un porre una questione di senso e di ideale per la vita. Fabio Cavallari“Stai diventando anacronistico” mi han detto, “non è di questo che i cittadini vogliono discutere”, ed invece il punto sta proprio qui, all’interno del concetto stesso di vita e di morte. Senza una propensione per un ideale non si può far politica, non si possono fare le battaglie culturali, non si possono guardare negli occhi amici e compagni. Se siamo arrivati all’indifferenza eugenetica, alla selezione dei bambini, se il nostro stare dentro la modernità ci ha portato a voltarci dall’altra parte davanti alle cose più tremende che capitano, la morte in pancia, la morte per iniezione al cianuro in un comodo alberghetto svizzero, perché i vecchi ci fanno pena, perché la malattia non ha più senso, perché il dolore non ha nessuna prospettiva, se siamo arrivati ad arrenderci a non vedere più bambini in giro e a mal sopportare i disabili, è perché in giro non c’è più ideale per cui valga la pena sacrificarsi, diceva André Malraux. Qui non si tratta di rinnegare una storia ed un percorso, si tratta di contestualizzare nella realtà odierna il portato di scelte e posizioni culturali, si tratta di recuperare anche quel pensiero che a sinistra con Bobbio e Pasolini, cercò di arginare la perdita di senso del valore universale della vita. Chi scrisse che nell’aborto non si può scorgere alcuna affermazione della libertà della donna, che è necessario combattere la clandestinità dell’aborto e al tempo stesso non favorirne l’estensione come mezzo di controllo delle nascite, non furono le alte gerarchie vaticane, ma la comunista Adriana Seroni. Oggi la battaglia culturale e politica di Giuliano Ferrara è una sfida alla modernità, richiede un surplus di ragione, una carica ideale per l’uomo. La lista del direttore de Il Foglio, non pretende di distruggere nulla, di cancellare alcunché, di far indietreggiare le lancette della storia. Anzi, se dovessi trovare una definizione per descrivere la lista pazza utilizzerei il verbo “costruire”. Costruire è un gesto d’affetto ben più importante di un valore. Costruire è imparare ad amare, insegnare ad amare.” Dal blog di Fabio Cavallari. Grazie Fabio di questa commovente testimonianza!    http://fabiocavallari.splinder.com/

IL VOTO DI UN COMPAGNO DI RIFONDAZIONEultima modifica: 2008-03-03T12:23:29+01:00da ritina5
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